Diritti

A Napoli cartelloni contro ‘la violenza sugli uomini’. Una propaganda mascolinista che nega il femminicidio

“Sono pienamente condivisibili le preoccupazioni espresse da numerose donne ed associazioni in merito alle campagne di comunicazione sulla violenza di genere”. In una nota, il sindaco di Napoli, ha risposto alla lettera firmata da 250 donne e 30 associazioni dopo l’affissione di alcuni cartelloni in diverse parti della città che su iniziativa dell’avvocato Angelo Pisani promuovono la campagna “Salvi tutti” contro la violenza sugli uomini. Sui cartelloni viene reso pubblico anche un indirizzo mail che ricorda intenzionalmente il 1522, creando confusione e dimostrando scarso rispetto per il servizio del DPO – Dipartimento per le Pari Opportunità – messo a disposizione delle donne vittime di violenza.

D.i.Re ha posto il problema alla ministra Roccella: “La campagna imita in maniera fuorviante e pericolosa il numero verde dedicato alla violenza sulle donne 1522, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità, e riteniamo che un monitoraggio costante e puntuale da parte del suo Dicastero su simili storture sia auspicabile ed estremamente necessario”.

L’Onu – Organizzazione delle Nazioni Unite – nel 1973 ha definito la violenza contro le donne come “qualsiasi atto di violenza di genere che provoca o possa provocare danni fisici, sessuali o psicologici alle donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia che si verifichi nella vita pubblica o privata” e ha identificato le innumerevoli forme di violenza contro le donne. Un lungo elenco in cui si trova la “violenza inflitta dai partner, le pratiche tradizionali dannose, tra cui la mutilazione e il taglio genitale femminile, l’infanticidio femminile e la selezione sessuale prenatale, il matrimonio precoce, il matrimonio forzato, le violenze legate alla dote, i crimini contro le donne commessi per “onore”, il maltrattamento delle vedove; la violenza sessuale da parte di non partner; le molestie sessuali e le violenze nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni educative e nello sport; la tratta delle donne”.

Nessuna violenza contro gli uomini da parte delle donne è strutturale o equiparabile al femminicidio, né qualitativamente, né quantitativamente. Piuttosto, se si vuole parlare di violenza contro gli uomini, lo si faccia con onestà intellettuale: gli uomini sono vittime di violenza soprattutto da parte di altri uomini. Sono assassinati soprattutto da uomini e molestati soprattutto da altri uomini: i perpetratori delle molestie a sfondo sessuale sono uomini per il 97% delle donne e per l’85,4% di vittime maschili (indagine Istat 2015). Se si vogliono creare progetti per sostenere ragazzi o uomini vittime di violenza con particolare attenzione al bullismo e all’omofobia, è sufficiente realizzarli senza tirar in ballo simmetrie che non esistono.

Inventare specularità tra violenza maschile e femminile persegue un obiettivo preciso: calare sulla denuncia del femminicidio l’epitaffio della “guerra tra i sessi”. Ricordate Amadori, il consulente di Valditara che nel libro omonimo vaneggiava di una occulta ginocrazia? Tesi tanto cara al mascolinismo tossico che nega il femminicidio. Sulla pagina fb dell’avvocato Angelo Pisani si trova anche un commento fuorviante: “La normativa contro i reati violenti deve rispettare i principi del diritto, che sono principi di civiltà, come l’uguaglianza dinanzi alla legge a prescindere dal sesso”. Ma le leggi contro la violenza tutelano tutti. Anche gli uomini. Compreso il Codice Rosso.

Ci troviamo davanti alla trita e ritrita propaganda mascolinista tesa a far molto rumore e a creare confusione, attaccando chi opera per tutelare le donne vittime di violenza. Sono aggressioni che riceviamo anche attraverso gli insulti e le shitstorm che ci vengono scaricate addosso da sciami di odiatori ben organizzati. Per averne un assaggio basta andare sulle pagine Facebook e Instagram D.i.Re e leggere i commenti carichi di insulti e offese da parte dei supporter dell’iniziativa di Napoli. Ci siamo abituate.

Ma i dati cosa dicono? Nel mondo si stima che il 35% delle donne abbia subito violenza sessuale o altre forme di violenza nel corso della loro vita. Le bambine sposate ad uomini adulti sarebbero circa 22 milioni e molte di più sono a rischio di matrimonio forzato. In Africa tre milioni di donne sono a rischio di mutilazioni genitali. E in Italia? I dati del Ministero degli Interni e della Giustizia sono chiari: “Gli uomini sono responsabili della maggior parte dei comportamenti antisociali. Nel 2018 (tratto da Il Costo della Virilità) rappresentano l’82,41% dei 500mila autori di reati per i quali è stata aperta una procedura penale nel corso di un anno, l’85,1% delle persone condannate dalla giustizia, il 92% degli imputati per omicidio, il 98,7% degli autori di stupri, l’83,1% degli autori di incidenti stradali mortali, l’87% dei responsabili di abusi su minori e il 93,6% degli imputati per pornografia minorile. Sono il 95,5% della popolazione mafiosa, l’87,5% degli imputati per rissa e il 76,1% per furto, sono il 91,7% degli evasori fiscali e l’89,5% degli usurai, il 93,4% degli spacciatori e il 95,7% della popolazione carceraria”.

La violenza agita dagli uomini non ha un’origine genetica, sia chiaro, ma è legata alla costruzione sociale della virilità e dalla legittimazione di comportamenti prevaricanti. È così per ogni forma di violenza, non solo quella nelle relazioni di intimità ma anche quella agita nei luoghi di lavoro, per strada, sui social.

Le obiezioni che sono state rivolte alle associazioni che hanno contestato i cartelloni vanno rovesciate: perché fare una campagna per la violenza contro gli uomini imponendo una lettura neutra della violenza che nega il femminicidio?

@nadiesdaa