Gioacchino Genchi non ha violato i dati personali dell’ex viceprocuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna acquisendo i suoi tabulati telefonici quando era consulente informatico di Luigi de Magistris. E non ha commesso nessun reato rendendo nota la rete di rapporti del magistrato nel libro-intervista “Il caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato”. La prima sezione della Corte di Appello di Palermo (presidente Adriana Piras) ha confermato la sentenza emessa nel 2022 della Quinta sezione del Tribunale, che ha assolto l’ex poliziotto, già consulente delle più importanti Procure italiane, dalle accuse di trattamento illecito di dati e abuso d’ufficio “perché il fatto non costituisce reato”. L’imputato, difeso dall’avvocato Fabio Repici, aveva rinunciato ad avvalersi della prescrizione nel corso del procedimento, che si trascina dal 2009. La sentenza ha confermato anche la restituzione dei sistemi e dei supporti informatici che gli erano stati sequestrati.
La vicenda risale a quando Genchi collaborò con Luigi de Magistris, allora pm a Catanzaro, nelle inchieste “Poseidone” e “Why Not”.
Dai tabulati acquisiti emersero che Alberto Cisterna, ai tempi vice di Pietro Grasso a capo della Direzione nazionale antimafia, risultava in rapporti con Luciano Lo Giudice, appartenente ad una famiglia di ‘ndrangheta di Reggio Calabria. Per quei rapporti il Consiglio superiore della magistratura applicò a Cisterna la sanzione della censura, confermata dalle Sezioni unite, e il trasferimento d’ufficio con incompatibilità a svolgere funzioni requirenti. Dagli accertamenti di Genchi risultò inoltre che il magistrato fosse in stretti contatti con l’avvocato Giancarlo Pittelli, ex senatore di Forza Italia, poi arrestato e condannato a 11 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Rinascita-Scott.