L’influenza aviaria è arrivata a New York. “Un piccolo numero di uccelli selvatici sono portatori del virus H5N1 ad alta patogenicità“, ha scoperto uno studio pubblicato sul Journal of Virology, rivista della Società americana di microbiologia. Il lavoro evidenzia che le ‘relazioni pericolose’ tra animali ed esseri umani, quelle che possono dare origine a infezioni zoonotiche o addirittura a pandemie, non sono limitate agli ambienti rurali o al commercio di pollame, ma rappresentano un’insidia anche nei centri urbani. Metropoli comprese.

“È importante ricordare che l’aver trovato il virus H5N1 negli uccelli di città non segnala l’inizio di una pandemia di influenza nell’uomo”, tiene a precisare la co-autrice dello studio Christine Marizzi, che tuttavia invita a stare in guardia: “È intelligente fare attenzione e stare lontani dalla fauna selvatica”, ammonisce, il che significa anche “impedire che” questa “entri in stretto contatto con gli animali domestici”.

La ricerca è stata condotta nell’ambito di un progetto di monitoraggio degli uccelli selvatici, frutto di una partnership tra programma BioBus, Icahn School of Medicine at Mount Sinai e Wild Bird Fund. L’iniziativa vede in campo gli studenti delle scuole superiori locali, che come stagisti retribuiti sotto la guida di esperti, indossando protezioni ad hoc, raccolgono campioni di feci di uccelli nei parchi urbani e negli spazi verdi. Ulteriori campioni vengono sottoposti a centri di recupero per animali come il Wild Bird Fund e gli Animal Care Centers di New York, quindi gli studenti collaborano alle analisi di tutto il materiale nel Krammer Laboratory della Icahn School of Medicine. “Per quanto ne so, questo è il primo studio statunitense su larga scala sull’influenza aviaria in un’area urbana e il primo con il coinvolgimento attivo della comunità”, una partecipazione “davvero fondamentale”, afferma Marizzi, ricercatrice principale di New York City Virus Hunters (Nycvh) e direttore Scienza comunitaria per BioBus.

Tra gennaio 2022 e novembre 2023, Nycvh ha raccolto e analizzato 1.927 campioni e ha identificato segni di H5N1 in 6 uccelli cittadini di 4 specie diverse. Tutti i campioni positivi provenivano da centri urbani di riabilitazione della fauna selvatica. Confrontando la composizione genetica dei campioni tra loro e con altri virus H5N1 disponibili in un database pubblico, gli scienziati hanno osservato leggere differenze e hanno individuato due diversi genotipi. Entrambi erano un mix del clade eurasiatico H5N1 2.3.4.4.b. e di virus locali dell’influenza aviaria. New York City rappresenta una tappa molto popolare per gli uccelli migratori, che spesso fanno sosta in città durante il loro lungo viaggio. “Sappiamo che il virus H5N1 è presente a New York da circa 2 anni, ma non sono stati segnalati casi umani”, rassicura Marizzi. La scienziata invita comunque a comportamenti consapevoli e responsabili nei rapporti con la fauna selvatica.

Intanto nei giorni scorsi le autorità americane hanno deciso uno stanziamento di circa 200 milioni di dollari per tentare di bloccare la diffusione dell’influenza aviaria in particolare negli allevamenti di bestiame da latticini, dove nei mesi scorsi è stato rilevato il virus che ha contagiato anche un uomo. Parte del denaro andrà direttamente ai lavoratori del settore per coprire i costi dei veterinari ed incoraggiarli a sottoporre le mucche ai test sulla presenza del virus H5N1. Un’altra fetta degli stanziamenti dovrebbe andare a compensare parte delle perdite economiche degli allevatori che non hanno potuto vendere il latte. Al momento non è obbligatorio testare il bestiame per l’aviaria, a meno che le mucche non debbano passare dei confini, ossia venire spostate in un altro stato Usa.

Gli allevamenti in cui sono stati sinora ufficialmente scoperte mucche contaminate sono 42 in 9 stati dell’unione: Colorado, Idaho, Kansas, Michigan, New Mexico, North Carolina, South Dakota, Ohio, Texas. Intanto un nuovo studio condotto negli Stati Uniti e in Danimarca – in corso di pubblicazione – ha scoperto che le mucche hanno un recettore per l’influenza uguale a quello degli esseri umani e di alcuni uccelli: questo fa temere agli scienziati che le mucche contagiate fungano da sorta di ‘provetta’ da laboratorio in cui il virus H1N5 impara a mutare in modo da riuscire a fare il salto di specie, in modo da contagiare le persone.

L’abstract dello studio

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