Nonostante l’approvazione del Parlamento Ue del nuovo Patto migrazione e asilo, l’immigrazione rimane uno dei temi al centro della campagna elettorale per le elezioni europee, anche nei Paesi che il Patto avvantaggia, a differenza di quelli di primo ingresso come l’Italia che la riforma penalizza. Ma proprio perché sotto elezioni, sono in tanti a voler mostrare iniziativa, così la l’idea italiana dei centri in Albania fa scuola e 15 Paesi, compreso il nostro, hanno scritto una lettera alla Commissione europea per suggerire “l’esame della potenziale cooperazione con i Paesi terzi sui meccanismi di hub di rimpatrio, dove i rimpatriati potrebbero essere trasferiti in attesa del loro allontanamento definitivo”. La lettera è firmata da Paesi Bassi, Austria, Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Grecia, Cipro, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta, Finlandia, Danimarca e Italia. “Incoraggiamo – si legge – il rafforzamento degli aspetti interni ed esterni del rimpatrio, per arrivare a un’efficace politica di rimpatrio dell’Ue”.

Il problema dei rimpatri – Secondo Eurostat, nel 2022 i 27 Stati dell’Unione hanno preso 431.195 provvedimenti di rimpatrio, ma solo il 17 per cento è stato poi eseguito. L’Italia è addirittura sotto la media Ue, con il 10 per cento di rimpatri effettivi. L’anno scorso il nostro Paese ha rimpatriato circa 4mila persone, dato in linea con quelli degli anni precedenti. Perché non basta nemmeno dichiarare “sicuro” il Paese di origine, come ha fatto recentemente il governo italiano con Egitto e Bangladesh, tra gli altri, portando da 15 a 21 la sua lista. Perché i rimpatri siano eseguiti serve un accordo col Paese d’origine e ne abbiamo pochi e l’unico a funzionare davvero è quello con la Tunisia, paese d’origine “sicuro” dove la situazione, sia per i migranti che per gli oppositori del presidente Kais Saied, sta nuovamente precipitando. Centinaia di subsahariani, tra cui rifugiati e richiedenti asilo, nonché donne e bambini, sono stati evacuati con la forza dal Nord del Paese, tra Sfax e El Amra, e deportati ai confini con Libia e Algeria. A El Amra ieri si sono registrati scontri tra migranti e forze dell’ordine. Attivisti sono stati arrestati per aver protestato, come del resto è successo ad alcuni avvocati oppositori di Saied, prelevati a forza dalla sede dell’Ordine degli avvocati nei giorni scorsi. I legali di Mahdi Zagrouba, prelevato lunedì sera, hanno denunciato “pesanti torture” durante la sua detenzione.

La proposta dei 15 Stati Ue – Da quanto riportato dal quotidiano britannico Financial Times, la proposta dei 15 è quella di istituire degli hub in Paesi terzi, dove trasferire chi non ha ricevuto asilo in attesa di essere definitivamente rimpatriato. Una sorta di parcheggio dove mettere le persone in attesa che si verifichino le condizioni per il loro rimpatrio. Per questo il gruppo dei 15 chiede di rivedere i criteri sui Paesi d’origine ritenuti sicuri e più accordi con paesi terzi, anche di transito, come quelli siglati con Turchia per contenere i profughi siriani e con la Tunisia, dove all’accordo firmato con la Commissione Ue di Ursula von del Leyen il presidente Saied unisce però una forte propaganda anti-immigrati e l’espressa volontà di non voler diventare “l’hub dell’Europa”. Nonostante i più si dicano scontenti dopo averlo sostenuto – la Lega non l’ha votato e anche FdI si è astenuta su parecchie parti -, il Patto Ue migranti e asilo introduce la possibilità di trasferire gli stranieri che non hanno diritto alla protezione internazionale non solo nel Paese di origine sicuro, ma anche in un Paese terzo col quale il migrante abbia maturato un qualche “legame”, perché ha lì dei parenti o perché vi è rimasto per un certo periodo.

In altre parole, tanti soldi – Parole, come quelle della lettera alla Commissione. Per metterle in pratica serve trovare paesi extra-Ue disposti a tenersi i migranti, potenzialmente centinaia di migliaia, visti i dati dei provvedimenti di espulsione europei. Numeri di fronte ai quali è difficile garantire il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani. A meno di forzature. Per portare a termine l’accordo con il Ruanda, il Regno Unito ha approvato una norma che lo dichiara paese sicuro così da permettere al governo di Sunak di inviare lì i migranti da rimpatriare nonostante i pareri contrari della Corte suprema inglese e della Corte europea per i diritti dell’uomo. Quanto ai Paesi Ue, quello che alcuni hanno definito “modello Albania” costa molto e ad oggi non dà alcuna garanzia di successo. Da vedere se porterà voti alle europee, che all’Italia costeranno circa 700 milioni per gestire in territorio albanese dei centri per migranti, compreso un Centro di permanenza per il rimpatrio. Chi otterrà asilo dovrà essere trasferito in Italia. Gli altri passeranno al Cpr, dove il governo Meloni ha previsto che si possa restare fino a 18 mesi. Ma tutto questo da solo non cambia il numero dei rimpatri, che restano legati agli accordi con i paesi d’origine. E chi non torna a casa andrà portato in Italia. A meno di non fare carta straccia del diritto internazionale, gli hub per i rimpatri sembrano ulteriore propaganda elettorale.

Il monito che viene dal Libano – Dopo essersi sempre opposta al rimpatrio forzato dei profughi siriani in difesa della loro sicurezza, e aver preteso riforme mai arrivate, la Ue ha ceduto al Libano dove risiedono un milione di sfollati. Cipro ha recentemente suonato l’allarme per l’aumento degli arrivi di siriani dal Libano. E l’Unione ha firmato un accordo da un miliardo di euro in tre anni, dove tre quarti dei fondi sono per “l’assistenza ai rifugiati”. L’Ue, ha dichiarato la presidente della Commissione Ue von der Leyen, lavorerà con l’UNHCR per un “approccio più strutturato ai rimpatri volontari”. Parole che hanno messo in allarme le organizzazioni per i diritti umani, certe che l’unico interesse dell’Ue sia quello di prevenire le partenze verso Cipro e il resto d’Europa, sicure che i soldi avranno effetto opposto sul fronte dei diritti umani.

La provocazione del ministro – Tutti contenti? Questo “hub” europeo in Libano funziona, dunque? Nonostante i soldi promessi dalla Commissione europea, il ministro libanese degli sfollati, Issam Charafeddine, membro di una coalizione vicina al governo siriano e alleata degli Hezbollah, ha dichiarato nelle ultime ore che il governo del Libano è pronto a “inviare via mare 5mila profughi siriani alla settimana” verso le coste Ue. “Se l’Europa e l’Onu non ci consentono di rimpatriare in massa i siriani, siamo pronti”. “Non intendiamo spedire i profughi sui gommoni, ma su navi regolari, che assicurino la sicurezza e rispettino le norme marittime”, ha precisato, spiegando che per lui questa soluzione significa “risolvere il problema dei siriani alla fonte: perché impedire ai migranti di andare in Europa?”.

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