“Un colpo di spugna improvviso”. L’hanno definita così i giornalisti e le giornaliste del gruppo editoriale Rcs Mediagroup, la decisione del presidente Urbano Cairo di rimuovere lo smart working all’interno delle redazioni dei periodici Rcs. E la denuncia arriva attraverso un comunicato del Cdr: “Il 29 aprile l’azienda ci ha comunicato lo stop a ogni forma di lavoro agile a partire dal primo maggio. Quasi a celebrare, con vena cinicamente ironica, la Festa dei lavoratori”. Una scelta che ha fatto “precipitare l’azienda in un arretramento culturale e organizzativo che gli ultimi quattro anni sembravano aver superato”. Con uno smart working che, durante la pandemia da Covid-19, ha permesso – continua la nota – alle testate del gruppo Rcs di essere “realizzate e pubblicate con regolarità e completezza di informazione”.
La motivazione “è stata l’asserita convinzione che per i Periodici, come opera collettiva dell’ingegno, l’organizzazione del lavoro ideale è a parere dell’aziende quella esclusivamente in presenza“. Ma non per tutti. Nelle redazioni del Corriere della Sera, dicono, “lo smart working è pienamente operativo“. Dunque, all’interno dell’azienda milanese si lamenta “una discriminazione odiosa e incomprensibile”. Mentre ai piani alti tutto tace. “Abbiamo inviato una lettera al presidente Cairo per sottolineare gli innegabili vantaggi dello smart working – fanno sapere i giornalisti e le giornaliste dei periodici Rcs – e per chiedergli l’apertura di una trattativa che regolamenti in maniera attenta ed efficace il lavoro agile all’interno delle nostre redazioni”. Ma questi argomenti (in un primo momento) “non hanno ricevuto risposta e non hanno meritato attenzione”. Poi, dopo qualche giorno, e a seguito di insistenze, “l’azienda ha accettato di tutelare colleghe e colleghi con particolari condizioni di salute che impediscono loro la ripresa del lavoro in presenza. E di concedere l’attività in remoto per siti e social in talune fasce orarie particolarmente disagevoli“, aggiungono.
I dipendenti affermano di non cercare “concessioni“: “Meritiamo di lavorare in un’azienda moderna e responsabile, capace di superare le logiche polverose e antistoriche del controllo dei lavoratori da padroni delle ferriere e di tenere anche fede all’impegno per la sostenibilità ecologica e per la tutela dell’ambiente“. Ma soprattutto, incalzano: “Pretendiamo dall’azienda il rispetto e la consapevolezza di come l’esercizio della nostra professione – già di per sé flessibile – sia mutato con lo sviluppo e l’integrazione delle edizioni cartacee delle nostre riviste con l’attività sul web e sui social”. Un lavoro agile visto con “forza” e “strumento dell’organizzazione del lavoro utile non solo al benessere dei lavoratori, alla conciliazione tra vita e impegni professionali e alla tutela del pianeta ma anche efficace per l’azienda, la sua produttività e i suoi bilanci. Non è una merce di scambio”.