Emmanuel Macron ha dichiarato lo stato di emergenza in Nuova Caledonia. Negli ultimi tre giorni ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine che hanno portato alla morte di 5 persone, 3 civili kanak e due gendarmi, come riporta Fance24, ai quali si aggiungo centinaia di feriti, tra i quali 64 agenti. Sulle principali strade della capitale sono state erette barricate che rendono la “situazione terribile” per il movimento di merci e persone, ha dichiarato Louis Le Franc, rappresentante della Repubblica in Nuova Caledonia che ha anche parlato del rischio di “una guerra civile”.
Dall’inizio della settimana ospedali e scuole sono chiusi, data la difficoltà di movimento e la possibilità di nuovi scontri. Mercoledì sera il premier francese Gabriel Attal ha annunciato il dispiegamento dei militari a protezione degli aeroporti e porti caledoniani. Il ministro degli Interni Darmanin ha parlato all’emittente France 2 dicendo che stanno arrivando 500 gendarmi, da aggiungersi ai 1.800 già presenti, per riportare la calma nel territorio d’oltremare. Il ministro ha poi identificato il Ccat (Centro di coordinamento delle azioni sul terreno), la frangia più radicale del Fronte di liberazione kanako e socialista (Flnks), come i fautori dei disordini. Mentre i giovani kanak – etnia autoctona dell’arcipelago – stanno dando alle fiamme edifici, macchine e saccheggiando negozi, tutte le forze politiche dell’arcipelago, lealiste e indipendentiste, hanno lanciato un appello comune alla calma. Ma nella notte ci sono stati ancora scontri tra membri del Ccat e gruppi di autodifesa formati dai civili. Le Franc ha chiesto ai dirigenti del Ccat di “fermare queste azioni che sono azioni omicide e mortali che possono lasciare le famiglie in lutto”.
Le violente proteste sono scoppiate a seguito dell’approvazione, senza la consultazione con le forze politiche di Nouméa, della legge che estende il diritto di voto alle elezioni provinciali della Nuova Caledonia ai residenti arrivati dalla Francia continentale negli ultimi 10 anni: un cambiamento che i critici temono possa emarginare i kanak e avvantaggiare i politici filo-francesi. Un disegno di legge che vuole superare gli accordi di Nouméa del 1998 che, dopo il 1986, quando l’Onu aveva dichiarato la Nuova Caledonia territorio da decolonizzare, avevano l’obbiettivo di porre fine al controllo francese sull’arcipelago, colonia della Repubblica dal 1853. La prima decisione fu di non riconoscere come cittadini aventi diritto tutti quelli che erano entrati sul territorio caledone dopo il ’98. Nel quadro degli accordi di Nouméa si era deciso che passando per tre referendum il Paese avrebbe scelto se rimanere sotto il controllo di Parigi o se invece avviarsi verso un’indipendenza totale. Tutte e tre le votazioni sono state vinte dalla parte che voleva rimanere legata alla Francia. Le prime due sono state vinte con una maggioranza esigua, il 56,4% nel 2018 e il 53 % nel 2020. La terza invece, boicottata dagli esponenti indipendentisti, aveva visto il 96% delle preferenze per rimanere parte del territorio francese. I partiti favorevoli all’indipendenza hanno sempre chiesto una quarta votazione, ma anche nel caso in cui questa venga concessa, l’accordo prevedeva che per l’uscita dal controllo francese erano necessari tre referendum a favore, mentre per rimanere sotto l’Eliseo bastava una sola vittoria.
In più oggi la situazione geopolitica mondiale lancia nuove ombre sulle proteste scoppiate nel territorio d’oltremare. La principale risorsa della Nuova Caledonia sono le riserve di nichel, tra le più grandi al mondo. Il minerale indispensabile alla fabbricazione delle batterie elettriche fa gola a diversi attori regionali, primo fra tutti la Cina. Lo stesso Darmanin, rispondendo a France 2 riguardo la possibile presenza di potenze filo-russe e cinesi dietro i disordini, ha accusato l’Azerbaijan, dichiarando che l’ingerenza di Baku in Nuova Caledonia “è una realtà” e aggiungendo che “alcuni indipendentisti hanno fatto accordi con l’Azerbaijan”. Parole che fanno eco all’avviso dei servizi segreti francesi riguardo la possibilità che Russia, Cina e loro alleati possano fomentare le proteste fornendo anche armi da fuoco. In linea con con questi timori Le Franc ha vietato l’uso di TikTok nel territorio d’oltremare.
Nonostante diversi schieramenti politici francesi di sinistra abbiano criticato lo stato d’emergenza condannando la scelta repressiva, sembra che le teste di cuoio siano la risposta in arrivo dall’esecutivo di Parigi. Un déjà vu del 1988, quando per liberare dei gendarmi rapiti da esponenti del Flnks furono schierate le forze speciali, finendo con la morte di 19 kanak e 2 gendarmi.