“Ci vuole pazienza“. E’ la tarda serata del 2 aprile e a Torino la Juventus ha appena battuto la Lazio. Un due a zero complessivamente meritato nella semifinale di andata di coppa Italia, che ridà un minimo di smalto a una squadra grigia. Due mesi prima, la sconfitta nello scontro diretto contro l’Inter ha messo una pietra tombale sulle ambizioni da Scudetto di una Signora ripartita da zero, senza coppe e con un mercato quasi inesistente dopo la penalizzazione per le plusvalenze. Fino a quel momento sembrava che tutti avessero overperformato, rimanendo attaccati alla vetta nonostante un gioco involuto e a tratti medievale. Un mezzo miracolo, vista anche la penuria di campioni affermati e la bassa età media della squadra (è una delle Juventus più giovani di sempre).
L’autogol di pancia di Federico Gatti contro l’Inter, però, ha un impatto devastante sulle prestazioni dei bianconeri, che da quel momento mettono insieme sei punti in otto partite, metà delle quali perse. L’ultima sconfitta risale a soli tre giorni prima, all’Olimpico sempre contro la Lazio. Igor Tudor esordisce sulla panchina biancoceleste con una vittoria molto juventina: uno a zero all’ultimo assalto, gol di testa del difensore Marusic. Lo scontro di Coppa Italia diventa quindi cruciale per gli uomini di Allegri, che nel primo tempo vengono quasi presi a pallate da Luis Alberto e soci. Nel secondo cambia tutto: i bianconeri sono arrembanti, fanno due gol con Chiesa e Vlahovic e sfiorano persino il tre a zero. La finale di Coppa Italia sembra ipotecata.
Nel dopopartita, però, Max Allegri non sembra contento: s’incarta sulle solite frasi fatte (“C’era l’ambiente giusto per tornare alla vittoria”), decide di difendere l’indifendibile, cioè Alex Sandro (“Mi dispiace l’abbiano fischiato, ha vinto cinque scudetti”). La voce però è molto flebile, quasi roca, Max sembra pallido e non accenna un sorriso. Lo nota anche il giornalista televisivo: “Non la vedo molto soddisfatta, è stanchezza o cosa?”. Allegri nega: “Nooo, sono soddisfatto, ma se abbiamo vinto stasera non dobbiamo esaltarci”. Passa una buona mezz’ora e dalla pancia dello Stadium viene fuori Cristiano Giuntoli. Il manager vorrebbe infilarsi nella Jeep aziendale e fiondarsi a casa, ma acconsente a scattare un paio di foto ricordo con i tifosi. Istantanee quasi funeree, visto che l’espressione dell’ex ds del Napoli è ancora più tetra di quella di Allegri. Il cronista, mimetizzato tra i tifosi, se ne accorge: “Direttore, neanche un sorriso? Avete vinto…”. Ridono tutti, tranne lui. Giuntoli tiene le labbra serrate e si fa sfuggire solo una frase: “Ci vuole pazienza…“.
Chissà cosa è successo quella sera alla fine di Juventus-Lazio. Allegri ha perso le staffe dopo la vittoria ed è andato all’assalto del suo dirigente? Possibile, vista la performance del tecnico dopo la vittoria sull’Atalanta. In effetti nelle settimane precedenti alla partita con la Lazio i quotidiani sportivi analizzavano i motivi del crollo bianconero. E come spesso capita in questi casi le ricostruzioni erano due: i giornalisti amici di Allegri imputavano il crollo al mercato fallimentare di Giuntoli a gennaio (pochi minuti in campo per Alcaraz, nessuno per Djalo). Quelli più vicini alla società, invece, mettevano in risalto la totale assenza di gioco di Max, ormai giunto al terzo anno del suo secondo mandato. In più cominciavano a filtrare i rumors su Thiago Motta. Dopo aver visto lo show di Allegri post vittoria della Coppa, è facile immaginare come il mister abbia potuto avere una rovente discussione con Giuntoli, anche nei minuti successivi alla semifinale di andata. Ecco perché quella sera il dirigente si è lasciato sfuggire quella frase: “Ci vuole pazienza…”. Che, però, adesso è finita.