Il bambino di due anni, Mason, fatica a respirare di notte. Una tosse contratta all’asilo, accompagnata da febbre alta, durava da giorni e aveva allarmato la sua mamma, la signora Ellie Keating residente nel Dorset, una contea inglese. In più, il respiro affannoso si era trasformato in un vero e proprio russamento. Nonostante le visite dal medico di famiglia, la situazione si protrae addirittura per mesi, con qualche attenuazione dei sintomi e, per contro, comparsa di sudorazioni notturne. Alla fine, alla signora Keating viene detto che si tratta di un’infezione virale da curare con paracetamolo.
Poco tempo dopo, però, una notte il bambino inizia a vomitare, non riesce nemmeno ad alzarsi in piedi. A quel punto la madre chiama l’ambulanza per portare il figlio d’urgenza in ospedale. Gli fanno una radiografia del torace e gli esami del sangue che rilevano purtroppo quello che nessuno finora aveva sospettato: Mason soffre di leucemia linfoblastica acuta a cellule T, una rara forma aggressiva di tumore del sangue. E nonostante un ciclo intensivo di quattro settimane di chemioterapia e trattamento con steroidi, il bimbo non ce la fa. La storia del piccolo Mason è raccontata dalla stessa madre che esorta i genitori a conoscere i sintomi di questa malattia che non bisogna mai sottovalutare o, peggio, ignorare. “Non ho potuto salvare Mason”, ha dichiarato la donna, “ma se posso salvare la vita di un bambino, ho fatto la mia parte. La diagnosi precoce potrebbe salvare molte vite umane”.
Che cos’è
La leucemia linfoide acuta (LLA-T) è un raro tumore del sangue caratterizzato dall’anomala produzione di linfociti di tipo T, un particolare tipo di globuli bianchi. Il termine “acuta” indica la velocità di progressione della malattia, che in genere insorge e peggiora molto rapidamente. I linfociti sono cellule del sangue che appartengono al sistema immunitario. Vengono prodotte dal midollo osseo, tessuto spugnoso contenuto in alcune ossa del nostro corpo e si distinguono in linfociti di tipo T e di tipo B. “In presenza di LLA-T, tuttavia, i linfociti di tipo T proliferano in maniera eccessiva e incontrollata, accumulandosi nel midollo osseo, sangue, nei linfonodi, in organi come la milza e il fegato e il sistema nervoso centrale”, spiega al FattoQuotidiano.it il professor Antonio Ruggiero, Direttore Oncologia Pediatrica, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, Roma. “Per fortuna si tratta di tumori molto rari nei bambini, il 20% di tutte le forme di leucemie linfatiche acute pediatriche. La loro rarità rende più difficile il sospetto clinico, ma grazie al lavoro dei pediatri del territorio (l’Italia è l’unico Paese al mondo che ha nel Servizio Sanitario Nazionale il pediatra di famiglia) e di centri specializzati nella cura dei tumori pediatrici, è possibile diagnosticarli e trattarli tempestivamente. L’altro aspetto che evidenzia questa vicenda è che bisogna subito porre attenzione a quei sintomi che non solo persistono ma che si aggravano e si associano col tempo ad altri segni e sintomi clinici”.
Infatti, il decorso della patologia è molto veloce, i sintomi iniziano a manifestarsi dopo pochi giorni o settimane dall’inizio del processo tumorale. “In questi casi, quando la diagnosi è fatta tempestivamente”, continua l’esperto, “la prognosi e la probabilità di guarigione sono migliori essendo la malattia meno avanzata e il bambino ancora in buone condizioni generali”.
Sintomi
Ricordiamo che i primi sintomi della LLA-T sono abbastanza generici e vanno da una sensazione di malessere generale, perdita di appetito e sudorazione eccessiva, in particolare nella notte. Per poi progredire sotto forma di dolori osteo-articolari diffusi, perdita di peso, anemia (spossatezza, eccessivo affaticamento e pallore), facili sanguinamenti delle gengive e perdite di sangue dal naso. “È l’aggravamento di questi sintomi e il loro sommarsi che stanno a indicare che si sta verificando qualcosa di molto serio nel paziente”, sottolinea Ruggiero. Inoltre, l’accumulo e la diffusione dei linfociti tumorali può provocare anche l’aumento di volume degli organi interessati.
Origine
I linfociti, in condizioni di normalità, sono prodotti dal midollo osseo in maniera controllata. In presenza di leucemia linfoide-T, tuttavia, questo complesso processo di sviluppo non funziona correttamente: le cellule interessate dal tumore, infatti, continuano a moltiplicarsi in maniera incontrollata. Sono cellule spesso immature e quindi non in grado di assolvere i loro compiti.
Cause
La proliferazione eccessiva dei linfociti di tipo T è legata alla presenza di una mutazione genetica acquisita nel corso della vita. Le cause di questa alterazione non sono ancora del tutto chiare, ma si conoscono alcuni fattori di rischio, come l’esposizione a radiazioni e al benzene (sostanza chimica contenuta per esempio nella benzina e nelle sigarette) e l’aver ricevuto precedenti terapie oncologiche.
Trattamenti e cure
La terapia varia in base alle condizioni di salute e all’età del paziente, alle caratteristiche della leucemia e alla gravità della situazione. In ogni caso il trattamento è piuttosto complesso, può durare anni e prevede di solito tre fasi separate.
Terapia di induzione. Si tratta della prima fase e ha l’obiettivo di distruggere la maggior parte dei linfociti leucemici nel sangue e nel midollo osseo. Viene impiegata fino a raggiungere la remissione completa del tumore (assenza di sintomi e segni evidenti e concentrazione delle cellule leucemiche inferiore al 5% rispetto al totale delle cellule). Si tratta della fase più breve, dal momento che non richiede più di un mese.
Terapia di consolidamento. Questa seconda fase mira a mantenere il tumore in remissione e a distruggere le cellule leucemiche rimanenti. Dura alcuni mesi.
Terapia di mantenimento. I trattamenti impiegati in questa terza e ultima fase impediscono alle cellule tumorali di ricrescere, e possono andare avanti anche per diversi anni.
Nella maggior parte dei casi la cura della leucemia linfoide acuta si basa sulla somministrazione della chemioterapia. “In alcuni casi”, conclude Ruggiero, “sono necessari l’impiego di farmaci biologici e il trapianto di midollo osseo”.