Il cambiamento climatico sta provocando ricadute significative in America Latina, una regione ricca di biodiversità ma anche soggetta a debolezze e fragilità. I ricercatori dell’International Cryosphere Climate Initiative (ICCI), un’organizzazione che si occupa di scienza, hanno reso noto che il Venezuela potrebbe diventare la prima nazione dell’era moderna a perdere tutti i propri ghiacciai.
L’ultimo rimasto, denominato La Corona e situato nelle Ande, è diventato “troppo piccolo per poter essere classificato come ghiacciaio”. Lo scorso marzo i ricercatori dell’Università di Los Andes, in Colombia, avevano spiegato che la superficie de La Corona è passata da 450 ad appena 2 ettari e l’ecologo Luis Daniel Lambi ha aggiunto che l’estensione del ghiacciaio si è ulteriormente ridotta nel corso degli ultimi mesi.
Nel dicembre 2023 il governo venezuelano aveva annunciato di voler ricoprire quello che rimane del ghiacciaio con una coperta termica nel tentativo di preservarne la scomparsa ma sembra improbabile che questo tentativo possa avere successo.
Il caso del ghiacciaio non è l’unica cattiva notizia legata al cambiamento climatico che viene dall’America Latina. Negli ultimi giorni lo Stato del Rio Grande do Soul, motore economico del Brasile con capitale Porto Alegre, è stato colpito da devastanti inondazioni che hanno provocato almeno 147 morti ed oltre ottocento feriti mentre più di 600mila persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Nella regione manca tutto, dall’acqua potabile alle risorse alimentari e Brasilia dovrà investire nella ricostruzione e negli aiuti per consentire alla popolazione di poter riprendere la propria vita dopo la fine dell’emergenza.
Lo scorso dicembre lo Stato brasiliano di Amazonas è stato colpito dalla peggiore carestia della sua storia provocata dal cambiamento climatico e dalle conseguenze del fenomeno El Nino. I fiumi della regione si sono ritrovati privi di acqua, il governo locale ha dichiarato lo stato di emergenza e almeno 600mila persone sono state colpite da questa catastrofe climatica.
La flora e la fauna dello Stato di Amazonas, che come suggerito dal nome ospita una porzione importante della Foresta Amazzonica, sono state e continuano ad essere messe a dura prova da incendi dolosi e disboscamento che colpisce il più importante polmone verde del mondo. Questi atti criminali, che stanno rallentando sotto la presidenza di Luis Ignacio Lula da Silva, sono messi in atto da chi ha interessi economici e commerciali ad ampliare i propri affari e profitti a discapito della foresta.
Il cambiamento climatico ed i disastri naturali incidono sulla vita delle etnie indigene, che traggono dalla natura i propri mezzi di sostentamento e su quella dei più poveri, costretti a vivere in abitazioni di fortuna esposte ai disastri. Un rapporto della Banca Mondiale, pubblicato nel 2022, ha evidenziato come il mutamento climatico potrebbe provocare un aumento del 300 per cento della povertà estrema in America Latina e nei Caraibi entro il 2030.
Le temperature estreme, secondo il rapporto, porteranno ad una riduzione del monte ore lavorato dai più bisognosi, spesso impiegati in lavori informali ed all’aperto, provocheranno in aumento delle spese sanitarie, ridurranno la capacità di accumulare capitali e ridurranno la disponibilità di cibo che i poveri consumano. Le preoccupazione espresse dalla Banca Mondiale trovano conferma nella posizione del World Wildlife Fund (WWF) secondo cui l’insicurezza alimentare e la povertà aggravano gli effetti del cambiamento climatico nella regione.
Il portale del Duke Global Health Institute sottolinea, invece, come i cambiamenti stiano rimodellando la vita e la salute delle 50 milioni di persone che vivono nella regione amazzonica. Il clima più secco sta facilitando la diffusione di malattie come la dengue ed il virus Zika mentre il tentativo di adattarsi sta favorendo l’emergere di malattie croniche e dell’obesità.
I popoli indigeni, discriminati in buona parte dell’America Latina, sono in prima fila nella lotta al cambiamento climatico e pagano un prezzo alto per il loro impegno. L’organizzazione non governativa britannica Global Witness ha reso noto che in America Latina ha avuto luogo l’88 per cento degli omicidi compiuti nel 2022 contro chi prova a difendere l’ambiente. Diverse persone uccise, un terzo del totale nel 2020, faceva parte comunità indigene che cercano di preservare il proprio stile di vita proteggendo la natura che li circonda.
L’impegno delle comunità può non bastare se il pericolo viene dal mare ed è difficilmente affrontabile. L’etnia Guntur Yala, formata da 2mila persone che vivono in alcune isole nei pressi di Panama, diventerà una delle prime comunità indigene a dover abbandonare le proprie case a causa dell’innalzamento dei livelli del mare provocati dal cambiamento climatico. Le isole in cui vivono potrebbero essere del tutto sommerse entro pochi decenni e la scelta obbligata è quella di lasciarsi tutto alle spalle per ricominciare una nuova vita altrove.