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Condannati anche in appello i tre italiani detenuti in Romania perché accusati di traffico di droga

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Era gennaio quando la madre di Filippo Mosca lanciò un appello per il figlio detenuto in Romania anche sull’onda delle prime notizie del caso di Ilaria Salis. Venivano denunciate condizioni di detenzione ai limiti del degradante. Oggi la Corte d’appello romena ha confermato la condanna a 8 anni e 3 mesi nei confronti del 29enne e di Luca Cammalleri.

I giovani, entrambi originari di Caltanissetta, sono rinchiusi nel carcere di Porta Alba, a Costanza, in Romania, da oltre un anno, con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti. Stessa condanna per una ragazza italiana, della quale non si conosce la identità. I giudici romeni per i giovani italiani hanno sempre respinto la richiesta di arresti domiciliari, presentata più volte dai legali. “Sono ore di grande ansia e angoscia – aveva detto Ornella Matraxia, madre di Fililppo – ci auguriamo che presto i nostri ragazzi possano tornare comunque in Italia”.

Mosca, nell’aprile del 2023, e aveva deciso con alcuni amici di andare al festival di musica Mamaia, che si svolge ogni anno a inizio maggio a Costanza. Una vacanza che si era trasformata in un incubo con una contestazione che viene respinta. “Mio figlio vive in una cella di circa 30 mq con altri 24 detenuti, che hanno a disposizione un buco sul pavimento come bagno. Non bagno alla turca, ma buco, usato da tutti, sempre intasato e che non viene mai pulito. Le condizioni igienico-sanitarie sono a dir poco disastrose” aveva raccontato la donna.

Ieri a ricordare il caso di Mosca Katia Anedda, dell’associazione Prigionieri del Silenzio, commentando il caso di Chico Forti che potrebbe a breve rientrare in Italia: “Casi come quello di Chico Forti, o quello di Filippo Mosca, Luca Cammalleri e la connazionale arrestata in Romania, che seguiamo come associazione e per cui stiamo aspettando una risoluzione più tempestiva – dovrebbero far riflettere tutti noi Italiani che viaggiamo e che potremmo essere al loro posto un giorno, come sempre diciamo, ognuno di noi è un potenziale detenuto all’estero“.

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