È stato assolto anche in Appello il magistrato Olindo Canali, accusato di corruzione in atti giudiziari. La sentenza, emessa dalla seconda sezione penale della corte d’Appello di Reggio Calabria, riguarda anche il collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico. Era stato proprio il pentito a raccontare di aver consegnato 50mila euro a Canali, che all’epoca era in servizio alla procura di Barcellona Pozzo di Gotto, anche se la promessa originaria era di 300 mila. Un accordo ottenuto grazie alla presunta mediazione di Salvatore Rugolo, cognato del boss di Giuseppe Gulotti.
Il magistrato, difeso dall’avvocato Ugo Colonna, e il pentito D’Amico sono stati processati in primo grado con il rito abbreviato: il 16 novembre del 2022 la gup Vincenza Bellini li ha assolti, non credendo dunque alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia. La procura di Reggio Calabria ha fatto ricorso in Appello, ma anche in questo caso è arrivata l’assoluzione per entrambi gli imputati. I giudici hanno pure condannato la parte civile Sonia Alfano, figlia del giornalista ucciso nel 1993, al pagamento delle spese processuali. E’ ancora in corso col rito ordinario, invece, il processo al boss Gulotti.
La vicenda riguarda due ipotesi di corruzione giudiziaria. La prima risaliva al periodo che va dal 1997 al 2000 quando Canali si stava occupando del processo per il triplice omicidio Geraci-Raimondo-Martino commesso il 4 settembre 1993. L’accusa formulata nel 2021 dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci contestava al magistrato di origine brianzola (oggi è giudice civile a Milano) di aver ricevuto denaro per influenzare la deposizione di una testimone. La seconda contestazione, invece, si riferiva al periodo tra il 2008 e il 2009 ed è relativa al processo in cui il boss Gullotti era stato condannato in via definitiva per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto l’8 gennaio 1993 con tre colpi di pistola. Secondo le contestazioni, Canali aveva fatto avere alla difesa di Gulotti un memoriale che scagionava il boss per l’omicidio del cronista. Ecco perché la figlia di Alfano si era costituita parte civile, rappresentata dall’avvocato Fabio Repici.