Intervista al professor Roberto Cauda, docente di Malattie infettive dell’università Cattolica e dell’università Campus bio-medico
Un po’ di sporco può far bene alla salute. In una società super igienizzata e, di recente, segnata dalle vicende della pandemia, può suonare strana questa affermazione. Eppure, gli scienziati sanno da tempo che le persone che vivono in campagna, hanno per esempio minori rischi di contrarre morbo di Crohn, asma e allergie. Il motivo sarebbe legato alla loro maggiore esposizione a una vasta gamma di microbi. Pensiamo al grande interesse che la ricerca sta mostrando per il microbioma umano, dell’importanza di mantenere equilibrata la vasta presenza di batteri intestinali amici della nostra salute sia fisica che mentale.
Toccare terra
Quando tocchiamo il suolo o anche solo la natura, “respiriamo un’enorme quantità di diversità microbica“, ha dichiarato al New York Times Christopher A. Lowry, professore di fisiologia integrativa presso l’Università del Colorado Boulder. In particolare, un recente esperimento finlandese ha scoperto che i bambini che frequentavano asili nido urbani dove era stato piantato un “sottobosco” nativo avevano sia un sistema immunitario più forte sia un microbioma più sano, rispetto a quelli che frequentavano asili nido con cortili di ghiaia. Un effetto che persisteva anche due anni dopo, visto che i bambini continuavano ad avere batteri benefici nell’intestino e nella pelle.
Il discorso vale anche per gli adulti che possono trarre beneficio dall’esposizione ai microbi che vivono nel suolo. Magari dedicandosi ad attività come campeggio ed escursionismo, mountain bike, “tutti modi semplici per entrare in contatto con un ecosistema microbico diversificato”, ha sottolineato sempre Lowry. “Trascorri un po’ di tempo nella natura guardandolo e inalando gli aromi”, ha detto Amos Clifford, fondatore dell’Association of Nature and Forest Therapy Guides and Programs. “Setaccia il terreno tra le dita, poi porta le mani al viso”. Clifford invita le persone che fanno escursioni nei boschi e che si imbattono in un ruscello a togliersi le scarpe ed entrare nel “fondo molle e fangoso”, sentendone la consistenza.
Il parere dell’esperto
“Oggi viviamo una situazione, dal punto di vista batteriologico che il covid ha reso ancora più eclatante, quella del ‘debito immunologico’”, spiega al FattoQuotidiano.it il Roberto Cauda, Professore di Malattie infettive dell’università Cattolica e dell’università Campus bio-medico. “Significa che durante la pandemia le persone sono state meno esposte ad agenti patogeni e hanno sviluppato una minore immunità e quindi sono più a rischio.
Quindi sporcarsi un po’ ci fa bene.
“Va ovviamente chiarito questo concetto. Noi abbiamo vinto nel passato la guerra contro le epidemie, per esempio, di colera e di tifo proprio grazie a una maggiore cura dell’igiene, alla pulizia personale, oltre che al contributo degli antibiotici. Di fatto però sappiamo che entrare in contatto con germi particolari diventa una sorta di ‘palestra di allenamento’ per il nostro sistema immunitario che lo rende più forte e capace di affrontare aggressioni contro germi nemici del nostro organismo. Ecco quindi l’importanza di riprendere contatto con il terreno. I bambini che giocano con la terra si immergono un po’ di più nella natura ed entrano in contatto con specifici germi ‘amici’ che non hanno una patogenicità nei confronti dell’uomo”.
Ritorniamo quindi alla stimolazione del nostro sistema immunitario.
“Sì, come questo possa avvenire lo possiamo intuire. I germi che non provocano malattie stimolano il sistema immunitario con un’immunità locale a livello intestinale, agendo sul microbioma. Quindi un microbioma sano è dato da un bilanciamento tra i vari microrganismi di cui è composto”.