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Francia, il “sassolino” nella scarpa dell’Eliseo si chiama Nuova Caledonia: e Parigi pensa allo zampino della Russia

Nell'isola del Pacifico dopo tre notti di scontri l'emergenza sembra rientrata ma la partita è più grande rispetto alle richieste di autonomia. Mosca manda "messaggi" tramite l'Azerbaigian e nelle strade di Numea compaiono degli striscioni: "Benvenuto Putin"

“Dopo tre notti di guerriglia urbana, una calma apparente sembra tornata a Numea. Parigi ha inviato l’esercito in Nuova Caledonia. Ci sono i blindati nelle strade. È stato instaurato lo stato d’emergenza perché il coprifuoco non bastava. Sul posto sono mobilitati 2.700 agenti. Per la prima volta, Parigi ha sospeso il social TikTok sull’isola. Da lunedì cinque persone sono morte, tra cui uno studente di 19 anni. Tra le vittime anche due poliziotti. Centinaia i feriti. Più di 200 persone fermate. Da Numea arrivano immagini di case, aziende, negozi e auto incendiate. Di supermercati saccheggiati. Di ospedali isolati. Di barricate. Certe volte da qui, in Europa, ci si dimentica che anche lì, a 17 mila chilometri da Parigi, è Francia.

Lo chiamano il “caillou”, il sassolino. Un territorio meno esteso della Sardegna e con meno di 300 mila abitanti, ma che si trova in un’area strategica del mondo, nella regione dell’Indo-pacifico, al centro delle rivalità tra la Cina e gli Stati Uniti e che Parigi ha interesse a conservare. In tre referendum sull’autodeterminazione, l’ultimo nel 2021, gli abitanti della Nuova Caledonia hanno del resto confermato la volontà di restare francesi, anche se lo scarto tra chi vuole l’indipendenza e chi no si assottiglia sempre di più. La Nuova Caledonia, un arcipelago dell’oceano Pacifico, non lontano dall’Australia, è un’ex colonia diventata collettività territoriale d’oltremare, con statuto di semi-autonomia, francese dal 1853.

Costa sta succedendo? Il fronte indipendentista protesta contro il voto di principio in Assemblea, a Parigi, di una riforma costituzionale per ampliare il corpo elettorale alle elezioni provinciali nel Paese, dando l’accesso al voto anche agli abitanti francesi che vivono sull’isola da almeno dieci anni. Verrebbe così modificato l’accordo di Numea, firmato nel 1998, negoziato dal premier di allora, il socialista Lionel Jospin, che dava maggiore autonomia e competenze all’isola e “gelava” il corpo elettorale, in modo da garantire alla popolazione locale Kanak, in minoranza, di pesare sulle decisioni politiche.

Oggi i giovani Kanak del CCAT, la Cellula di Coordinamento dell’Azione sul Campo, si dicono traditi da Parigi e sentono che la loro identità rischia di scomparire. Da Parigi, il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, li ha definiti “un’organizzazione mafiosa” e “violenta”, senza obiettivi politici. L’FLNKS, il Fronte di liberazione nazionale kanak e socialista, ha chiesto la mediazione delle Nazioni Unite. Nel frattempo la rabbia è esplosa. L’alto commissario della Repubblica in Nuova Caledonia, Louis Le Franc, ha parlato di possibile “guerra civile”.

La Nuova Caledonia si ritrova dunque suo malgrado oggi al centro delle tensioni internazionali. Il piccolo arcipelago interessa diverse potenze straniere. Innanzi tutto la Cina, che vuole aumentare la propria influenza nel Pacifico e avrebbe vantaggi da una Nuova Caledonia indipendente. L’interesse è strettamente economico: l’isola ospita un quarto delle risorse al mondo di nichel, un elemento indispensabile per la produzione di batterie, considerato “strategico” dall’Ue proprio per liberarsi dalla dipendenza dalla Cina. Ovviamente gli Stati Uniti, in aperto conflitto economico con Pechino, seguono da vicino gli sviluppi.

Ma ieri il ministro Darmanin ha spostato l’attenzione su un altro Paese, l’Azerbaigian, accusando Baku di ingerenza politica: “Non è un segreto per nessuno, è una realtà. Ci sono degli indipendentisti della Caledonia che hanno stretto un deal con l’Azerbaigian”, ha detto Darmanin. Delle bandiere azere sventolano tra l’altro a Numea. L’ex repubblica sovietica del Caucaso (indipendente dal 1991), ricca di gas e petrolio, al confine con l’Iran, si trova a 14 mila chilometri di distanza dall’isola del Pacifico. Poco ore dopo Baku ha smentito ogni legame con i leader della rivolta, pur confermando dei “rapporti diplomatici” con l’isola.

L’Azerbaigian ha i suoi motivi, non economici, ma politici, per attaccare la Francia: Baku fa pagare l’appoggio (anche militare) che Parigi ha accordato all’Armenia nel conflitto in Caucaso per il controllo del Nagorno Karabakh. L’Azerbaigian, pro russa, condivide l’anti-occidentalismo di Mosca. Che ruolo sta giocando la Russia nella crisi? Degli striscioni “Putin benvenuto in Kanaky” sono comparsi nelle strade di Numea. Di qui la decisione molto criticata in Francia (ponendo problemi legali) presa a Parigi di sospendere TikTok nell’isola, considerato da Viginium, l’organismo francese di sorveglianza di internet, uno dei principali veicoli della disinformazione azera in Nuova Caledonia. Parigi ha già più volte denunciato le ingerenze di Putin e le campagne di propaganda pro-russa che sfruttano i social per amplificare un sentimento anti-francese già esistente nelle ex colonie. È quello che è successo anche nel Sahel.