Lo scetticismo e negazionismo del genocidio a Gaza è un’ovvia risposta psico-patologico-politica di degni rappresentanti di una civiltà che guardandosi allo specchio, come Dorian Gray (importa poco si trattasse di un dipinto), intravede l’immagine riflessa della corruzione della propria anima. Ciò che fa riflettere sono giornalisti, opinionisti e ricercatori che giocano il ruolo degli “stenografi del potere” e invece di utilizzare le loro capacità analitiche per evitare una strage umanitaria, contribuiscono a minimizzarla.

Si è già parlato della lista di 500 incitamenti al genocidio da parte di figure politiche e militari molto influenti a Israele, ma pochi giorni fa si è aggiunto un monito genocidario da parte di un influente rappresentante della geopolitica occidentale, il senatore statunitense Lindsey Graham che ha proposto, anche se in modo indiretto, di usare delle testate nucleari a Gaza. Oltre ai numerosi incitamenti al genocidio e uno studio su Lancet che dimostra non ci sono gravi margini di errore sui dati del Ministero della Salute a Gaza esistono altri due contributi dalla letteratura scientifica internazionale.

Un altro articolo su Lancet sullo stesso tema spiega: “… l’eccesso di mortalità tra i gruppi della popolazione di Gaza che probabilmente sono in gran parte civili, compresi gli operatori umanitari e sanitari, indica un numero sostanziale di palestinesi uccisi durante questo periodo. Le valutazioni della validità dei dati del Ministero della Salute palestinese nel conflitto del 2014 li avevano dimostrati precisi, e non abbiamo visto alcun motivo evidente per dubitare della validità dei dati tra il 7 e il 26 ottobre 2023.”

C’è poi un’analisi su British Medical Journal che sottolinea: “Se la guerra contro Hamas continuerà il suo percorso attuale o aumenterà, il numero di morti in eccesso a Gaza salirà tra 58.260 e 74.290 nei mesi fino al 6 agosto, con lesioni traumatiche e malattie infettive che saranno le principali cause di ulteriori vittime. Se si verificassero malattie epidemiche come il colera, ci potrebbero essere oltre 85.000 morti in eccesso.”

Riviste di salute pubblica prestigiose a livello mondiale non hanno quindi pubblicato nulla che faccia pensare che i dati di mortalità a Gaza siano gonfiati. Ciononostante, alcuni opinionisti, statistici ed economisti occidentali li ritengono totalmente inaffidabili. Potrebbero esserci vari motivi capaci di spiegare questa diversità di conclusioni che vanno ben oltre i calcoli e le stime rappresentate nelle tabelle e nei grafici degli stessi ricercatori.

I dati e i numeri, si sa, ci salvano dalle bufale. Lo è stato durante la pandemia e così è anche per ciò che accade a Gaza. I dati e i numeri, interpretati all’interno di cornici concettuali basate sui fatti che accadono nel mondo reale, aiutano infatti a farci capire la realtà. Ma quali sono i fatti che dovrebbero fornire il contesto reale per l’interpretazione di questi numeri? Quelli che hanno colpito le persone a Gaza e che vivono ogni giorno bambini, donne e civili, oltre a quei medici, infermieri e volontari che rischiano la vita sotto le bombe per salvare quella altrui.

Eppure, c’è chi questa realtà non solo non la capisce da un punto di vista cognitivo, ma neppure la sente emotivamente. Perfino bravi ricercatori falliscono questo test. Il motivo è semplice: se si è rimasti tutta la vita di fronte a un computer a elaborare dati, non si è mai messo piede fuori dal proprio mondo (la civiltà occidentale che per Ghandi sarebbe “una bella idea”) e non si è mai tentato di sfidare i propri pregiudizi culturali, o si è badato sempre e solo esclusivamente alla propria carriera, la realtà di civili e bambini che vivono nel posto più pericoloso al mondo è difficilmente comprensibile.

Se non si è mai “toccato con mano” la realtà che i propri dati e statistiche vorrebbero rappresentare, e invece di approfondire i fatti attraverso la prospettiva delle vittime, si è rimasti sempre e comodamente “a fianco del potere” (figurarsi se è lo stesso che sta contribuendo a perpetrare un genocidio attraverso il proprio sostegno morale e militare ai carnefici), si rischia di prendere dei grossi abbagli (convenienti per il potere affiancato).

Se i dati e i numeri diventano l’unica fonte del nostro sapere, indipendentemente da quello che succede nel mondo reale, questi non aiutano a capirlo ma solo a distorcerlo.

Si può essere “stenografi del potere” in modo consapevole o esserlo senza neppure rendersene conto. Quei ricercatori che invece di porre attenzione al significato olistico di dati, magari distorti da accettabili margini di errore, gettano tutta la loro energia nel criticare gli accettabili margini di errore, potranno forse vantarsi di essere precisi, ma il loro contributo è inutile a farci capire la realtà. O precisamente inutile. La loro utilità nel fornire un contributo a giustificare un genocidio e continuarlo a oltranza però è indubbia.

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