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Legge elettorale, Italia a giudizio alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Staderini: “La condanna metterebbe a rischio il premierato”

Un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) potrebbe rivelarsi un enorme grattacapo per il governo di Giorgia Meloni, che in caso di condanna dovrà riscrivere la legge elettorale. Non solo: rischia di veder saltare, almeno per la prossima legislatura, la riforma costituzionale per l’elezione diretta del premier. Il ricorso è quello presentato dopo le elezioni del 2022 dall’ex segretario dei radicali, Mario Staderini, anche a nome dei circa 500 cittadini che nei seggi hanno verbalizzato la loro contrarietà al Rosatellum, ennesima legge elettorale modificata a ridosso delle elezioni, che impedisce il voto disgiunto attribuendo quello espresso nel maggioritario anche alla lista o coalizione del proporzionale. In altre parole, quelle usate dai ricorrenti ai tempi delle ultime politiche, “se sei di Bologna e voterai il Pd al proporzionale, farai eleggere all’uninominale Casini”, mentre “se voti Fratelli d’Italia, all’uninominale eleggerai leghisti che vogliono l’autonomia che favorisce il Nord e hanno posizioni più vicine alla Russia”.

Il primo febbraio scorso la Cedu ha comunicato al governo italiano il ricorso n 6235/23 “Mario Staderini e altri contro Italia”. E rilevato tre questioni: l’instabilità del sistema elettorale, troppo spesso modificato nell’anno che precede le elezioni in violazione di un principio che vuole impedirlo; la negazione della libertà di voto, con riferimento proprio all’impossibilità del voto disgiunto; l’assenza di un rimedio effettivo alle violazioni in materia elettorale. Non essendo stata trovata una composizione amichevole tra le parti, la Corte ha avviato la fase contenziosa, con il governo che avrà tempo fino al 29 luglio prossimo per inviare le proprie memorie difensive, a cui seguiranno le contromemorie dei ricorrenti e infine la sentenza. Che secondo Staderini potrebbe arrivare già tra un anno: “Diversamente dai tempi ordinari della Corte, il ricorso è stato ammesso ad appena un anno dalla presentazione, il che sembra indicare un esame prioritario”. In caso di condanna, l’Italia dovrà adottare modifiche legislative tali da rimuovere le cause delle violazioni accertate.

Staderini, che nel 2019 ha fatto condannare l’Italia all’Onu per negazione del diritto a promuovere i referendum e aperto così la strada alla raccolta digitale delle firme necessarie, ha lanciato la battaglia contro il Rosatellum già nel 2018. E oggi avverte: “Una condanna avrebbe immediate ricadute sull’attualità politica, compreso il premierato”. Se la Cedu confermasse che nel 2022 è stato violato il principio della stabilità dei sistemi elettorali, peraltro inserito in una raccomandazione del Consiglio d’Europa che l’Italia ha adottato, il governo dovrà mettere mano alla legge elettorale e farlo in tempi brevi. Perché una modifica approvata nei 12 mesi che precedono le elezioni del 2027 sarebbe inapplicabile a quell’appuntamento elettorale e inefficace per la prossima legislatura. E lo stesso vale anche per il premierato, il cui iter, considerati tutti i passaggi, porta fin d’ora e con tutta probabilità al 2026. Di più: l’attuale testo di riforma costituzionale proposto dalla maggioranza lega al voto per il Parlamento anche la scelta del premier. Se la Corte censurerà il Rosatellum per aver impedito il voto disgiunto, anche quella scelta sul premierato risulterà viziata e andrà modificata. Non un semplice contrattempo, dunque. Al netto dei guai per il governo, commenta Staderini, “un brutto segnale per l’Italia e gli italiani: dopo aver votato due volte con una legge dichiarata incostituzionale, il Porcellum, potrebbero presto scoprire di averlo fatto, nelle due tornate successive, con una legge che per la Cedu viola addirittura la libertà di voto”.