Fermato e interrogato, per due ore, appena ha messo piede negli Stati Uniti. È successo allo storico israeliano Ilan Pappé, 70 anni, da sempre critico nei confronti delle posizioni sioniste. Lo scorso 13 maggio Pappé è atterrato all’aeroporto di Detroit, due agenti gli si sono avvicinati, lo hanno preso, confiscato il cellulare e portato via. Da lì, l’interrogatorio. L’autore de La pulizia etnica della Palestina ha raccontato tutto sul proprio profilo Facebook, mettendo nero su bianco alcune delle domande che i due uomini dell’FBI gli hanno posto.

Lei è un sostenitore di Hamas?“, “considera le azioni israeliane a Gaza un genocidio?”, “qual è la soluzione al ‘conflitto’?”, “chi sono i suoi amici arabi e musulmani qui negli Usa, da quanto tempo li conosce e che tipo di rapporto ha con loro?”. Pappé ha ironizzato in merito alla domanda sulla soluzione del conflitto (“sul serio, è quello che mi hanno chiesto!” ha scritto) e ha commentato sia l’atteggiamento dei due agenti, “né abusivo né scortese”, sia il tenore delle domande “davvero scollegate”, alle quali ha risposto, ha precisato, talvolta facendo riferimento ai propri libri e talvolta “in modo laconico, con un sì o un no”.

La notizia è stata riportata dal quotidiano online francese Mediapart, che ha ripreso il comunicato stampa della casa editrice La Fabrique, che ha chiesto “la fine della repressione delle voci critiche nei confronti di Israele e a sostegno del popolo palestinese”. Contattata dal giornale francese, La Fabrique si è detta indignata per l’episodio: “Gli abbiamo scritto per esprimergli il nostro sostegno. Purtroppo questo non ci sorprende, visti i tempi che stiamo attraversando, in cui vediamo che la retorica si sta indurendo contro chi, nei Paesi occidentali, esprime critiche a Israele o sostiene i palestinesi. Ciò che è particolarmente aberrante in questo caso è che le domande riguardavano tutte Israele, Hamas, la nozione di genocidio a Gaza o meno, o le sue amicizie”.

Foto di Hossam el-Hamalawy/Flickr

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