di Francesca Scoleri
Chiamata a rispondere su quanto sta avvenendo in Liguria con il governatore agli arresti domiciliari e il vergognoso tentennamento sulle sue dimissioni, Giorgia Meloni riesce solo a dire, senza alcun imbarazzo, che “ha governato bene” e che dunque si può attendere. Se fosse davvero convinta di quanto dice, toccherebbe spiegarle in che condizioni versa la Liguria dopo 9 anni di “buon governo Toti”, in perfetta linea coi precedenti – questo va evidenziato ma comunque – fallimentare.
I fattori che trascinano la Liguria ai livelli in cui la vediamo oggi sono tutti rapportabili al malaffare e la mappatura delle conseguenze è facile. E’ sufficiente attraversare la regione in direzione Milano-Ventimiglia, dove lavori infiniti e abbandono dei cantieri si alternano generando viaggi della speranza e imprecazioni di ogni genere per tragitti di 3 ore che arrivano a durare 3 volte tanto.
La sanità rappresenta senza dubbio il punto più dolente per i cittadini e il più proficuo per i privati che, con la salute pubblica, fanno affari milionari; interi reparti di ospedali storici vanno avanti con medici a gettone, improponibili liste di attesa nelle strutture pubbliche spingono – chi può permetterselo e chi non ha altra scelta per ragioni di urgenza – verso ambulatori e cliniche private. Il piano “Restart Liguria” ideato dalla giunta Toti per rilanciare la sanità si è rivelato l’ennesimo serbatoio di quattrini per chi saccheggia la sanità pubblica che versa – nonostante i proclami del governatore – in condizioni peggiori di prima.
La chiusura dei punti nascita ha generato il fenomeno delle madri che partoriscono durante il percorso verso l’ospedale più vicino, che può essere a decine di chilometri di distanza. Pochi mesi fa, il caso del bimbo morto durante il parto in ambulanza nel tragitto Albenga-Savona. Il 5% della popolazione rinuncia a curarsi. E’ questa la buona gestione che Meloni attribuisce a Toti?
366mila persone, secondo i dati raccolti da uno studio della Cgil, sono a rischio povertà e questo nonostante un aumento di occupazione, che continua ad essere di tipo precario. Prova ne è l’ambito del turismo dove solo il 6% dei contratti è indeterminato.
Ed è sempre la Cgil a comunicare che, in una ispezione effettuata dall’Istituto nazionale del lavoro nella stagione estiva 2023, su 377 lavoratori, 118 prestavano servizio in nero.
Nella regione “ben governata” il dissesto idrogeologico non trova soluzioni ma cementificazione e consumazione del suolo e delle coste. Il repertorio delle lacrime post frane, alluvioni e maltempo non si è arrestato nemmeno sotto questo “buon governo”, si perdoni il verbo infelice per il povero Toti.
Tutto questo e molto altro per Meloni non rappresenta mala gestio, semplicemente perché è in perfetta sintonia con l’operato del suo governo, dove i privilegi di pochi sono oggetto della vera attenzione e preoccupazione dell’esecutivo a svantaggio della collettività.
Si intavolano discussioni che partono da lontano per definire il sistema corruzione che colpisce le istituzioni a tutti i livelli, ma in fondo è un circolo di rapida lettura; i politici coinvolti nel malaffare che genera da una parte buchi di bilancio e dall’altra conti correnti gonfiati – quasi sempre all’estero – come prostitute si vendono al miglior offerente in cerca di vantaggi, incarichi e appalti, prima durante e dopo la campagna elettorale.
Sappiamo quali sono i partiti che, riscontrando questo sistema presso i propri uomini, non rinunciano ad essi, anzi li difendono scomodando l’inesistente problema dell’assenza di finanziamento pubblico ai partiti. Non possiamo ignorarli dopo le centinaia di volte che davanti ai nostri occhi è passato il marciume del do ut des che baratta il bene pubblico per l’illecito privato. Con quale coraggio vengono mandati ancora e ancora nelle istituzioni?