Ambiente & Veleni

Arci Caccia perde i pezzi, l’ex presidente lascia il comitato tecnico-scientifico: “Legge della Lega dannosa e antiscientifica, va ostacolata”

Tre componenti del comitato scientifico che lasciano, in polemica con la presidenza. Il motivo? L’associazione non si batte a sufficienza per contrastare la proposta di legge della Lega che mira a liberalizzare la caccia. E se è vero che Arci Caccia è, per numero di iscritti, la quarta associazione venatoria in Italia (su sette) e ben lontana da Federcaccia (che da sola rappresenta la metà dei tesserati), è altrettanto vero che la notizia è emblematica. Il segno che, addirittura all’interno del mondo venatorio, c’è chi è decisamente critico nei confronti della norma portata avanti dai partiti di maggioranza. Osvaldo Veneziano, ex presidente di Arci Caccia e membro del comitato tecnico-scientifico, si è dimesso, seguito da Gabriele Sperandio e Angelo Giuliani.

Veneziano, che cosa è successo?

Ho preso le distanze pubblicamente dalla mia associazione, perché a fare da copertura a un’azione di demolizione della 157/92 (legge sulla caccia, ndr) con questa visione del tutto corporativa non ci sto. L’opinione pubblica deve contrastare la legge Bruzzone. E anche l’opposizione in Parlamento deve far sentire maggiormente la propria voce.

Fa effetto sentire queste parole da un cacciatore. Spieghi meglio.

In questi anni abbiamo fatto una grande fatica a tenere insieme la cultura ambientalista con la gestione della fauna selvatica. In questo senso con la legge 157/92, portata avanti da grandi personalità come Laura Conti e con l’approvazione di tutto l’arco costituzionale, si è trovato un buon punto di equilibrio, una sorta di pace tra mondo venatorio e associazioni ambientaliste. Ma tutto questo, negli ultimi anni, è stato fortemente indebolito. E ora, con questa proposta di legge, verrà stravolto.

Si riferisce alla 157/92?

È basata su presupposti scientifici. E su una serie di altri valori condivisibili e da preservare, per esempio quello secondo cui la fauna è proprietà indisponibile dello Stato. Oppure quello che stabilisce che i cacciatori si devono specializzare e, nel fare ciò, promuovere e tutelare il territorio in cui operano. Ma questo equilibrio è stato sconvolto nel tempo dalle Regioni, la cui priorità non è la tutela del patrimonio faunistico, bensì i voti degli elettori. Capisce bene che le regole scientifiche vengono disattese. Ma c’è di più.

Dica.

C’è una cultura, in crescita, che mi spaventa e che non condivido. E ha a che fare con la crescita della lobby delle armi. Perché se i cacciatori sono circa 500mila, in Italia, le licenze per porto d’armi sono un milione e mezzo, e quelle per fini sportive sono pochissime. C’è una sorta di cultura della difesa personale camuffata. E in questo senso la lobby degli armieri sta acquistando sempre più forza: il Cncn (Comitato nazionale caccia e natura) unisce gli intesse dei cacciatori e degli armieri (al suo interno c’è l’Anpanm, Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili, ndr) e ha un gancio solido con Coldiretti, non a caso Ettore Prandini, il presidente, è bresciano. È una lobby che porta moltissimi voti e che fa pressioni al governo.

E Arci Caccia, in tutto ciò?

Arci Caccia non ha fatto abbastanza per contrastare questa cultura. E per contrastare la pdl Bruzzone. Vede, per esempio io sono dell’idea che Ispra, il più importante punto di riferimento che abbiamo quando si parla di fauna e ambiente, debba essere difesa. Ma nessuno lo sta facendo. Vorrei che diventasse sempre più autonoma dalla politica, e invece la stanno mettendo alla porta. Non si può seguire sempre la pancia dei cacciatori. Altrimenti ci iscriviamo tutti in Federcaccia.

Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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