“A volte devi essere semplicemente ridicolo per realizzare ciò che stiamo cercando di realizzare”. Con una dichiarazione sui generis ma molto ad effetto, Yorgos Lanthimos così commenta il suo nono lungometraggio, l’attesissimo in concorso al 77mo Festival di Cannes, Kinds of Kindness. Interpretato da un quartetto di star guidate dall’ormai sodale Emma Stone e formato da Jesse Plemons, Willem Dafoe e Margaret Qualley, il film di ben 2h e 45’ si presenta strutturato in tre episodi, quasi fossero film autonomi, connessi tra loro, oltre che dagli attori in diversi ruoli, dai temi cari al regista greco, ovvero il controllo sugli esseri umani, i “sacrifici”e le menomazioni del corpo, il gioco di potere condotto attraverso un’infernale spirale di cinismo.
Tornato a sceneggiare insieme al sodale connazionale Efthimis Filippou con cui aveva scritto lavori fondativi per la sua filmografia come Dogtooth, Il sacrificio del cervo sacro e The Lobster, Lanthimos abbandona (momentaneamente?) la brillante leggerezza prestatagli dal talentuoso Tony McNamara (che per lui ha sceneggiato il dittico British La favorita e Poor Things!) per tornare agli antichi ritmi e alla ieraticità tutta greca di quelle opere. Il problema è che nessuno degli episodi contenuti di Kinds of Kindness ha la forza prorompente dei lavori per cui Lanthimos ha siglato una sua cifra, a prescindere che questa sia o meno gradita.
In breve, nei tre atti di questa sorta di “favola nera” si racconta quanto segue. Nel primo, il migliore dei tre e titolato La morte di RMF, Jesse Plemons è un uomo impossibilitato a prendere il controllo della propria vita de facto nelle mani del magnate Willem Dafoe per i favori del quale – e per evitare le conseguenti punizioni alla disobbedienza – è disposto a compiere ogni gesto, anche il più estremo. Tale episodio è la copia sbiadita di Kinodontas (Dogtooth) del 2011 in cui un padre governava la vita di moglie e figli punendoli in caso di insubordinazione. Nel secondo, titolato RMF sta volando, Jesse Plemons è un poliziotto la cui moglie Emma Stone è scomparsa in una spedizione marittima. Una volta ritrovata e rientrata a casa, tuttavia, pare non essere la stessa persona. Per allontanare l’apparente usurpatrice, l’uomo la sottopone a delle prove atroci, attribuendo così alla storia una tinta horror. Nel terzo capitolo intitolato RFM mangia un sandwich il centro dello sguardo è puntato sulla Stone nel ruolo di un’adepta a una setta che, insieme al collega Plemons, è alla ricerca di una novella Messia capace di resuscitare i morti. Il capitolo contiene un momento che sembra un piccolo e poco degno omaggio a uno dei capolavori di Dreyer, Ordet.
Per quanto Lanthimos si ostini a dichiarare con sarcasmo che l’ironia debba abitare il centro dei nostri pensieri, e per quanto gli riguarda della sua espressione cinematografica, dal punto di vista critico Kinds of Kindness segna un notevole passo indietro – come si diceva – sia rispetto agli altri lavori co-scritti con Filippou, sia e soprattutto rispetto al film vincitore dell’ultima Mostra veneziana (Poor Things!) così come a La favorita. Non basta infatti tripartire un film per rendere commestibile una lunghezza poco giustificata e anzi, portatrice di una buona dose di noia specialmente riscontrata nell’ultima frazione, il più debole dei tre atti. Certo, sopravvivono frammenti di risate intelligenti, ma appunto si tratta di frammenti e non di scene intere, con l’aggiunta che i pur bravissimi interpreti ingabbiati in una recitazione solenne e robotica “alla greca” faticano a veicolare performance convincenti – Plemons è comunque e decisamente il migliore di tutti. Kinds of Kindness, che significa letteralmente e ironicamente “tipologie di gentilezza”, uscirà nelle sale italiane il 6 giugno.