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Enzo Paolo Turchi: “Nessun coreografo mi ha mai aspettato nudo in doccia per un colloquio ma le molestie nella danza ci sono da sempre. Ai ragazzi dico: denunciate”

“Ritengo che abbia fatto bene a parlarne. Il suo scoperchiare una pentola in ebollizione e aprire al tema delle molestie in un settore di cui si parla ancora poco deve diventare fonte di riflessione per tutti", il commento del ballerino e coreografo all'intervista rilasciata da Peparini a La Stampa

di Simona Griggio
Enzo Paolo Turchi: “Nessun coreografo mi ha mai aspettato nudo in doccia per un colloquio ma le molestie nella danza ci sono da sempre. Ai ragazzi dico: denunciate”

“Da che mondo è mondo accade questo: che le persone di potere ci provino con i debuttanti. Capita nelle aziende e capita ancora di più nel mondo artistico. Figuriamoci nella danza dove protagonista è il corpo”, spiega il coreografo Enzo Paolo Turchi a proposito delle dichiarazioni del collega Giuliano Peparini alla Stampa.

Le esplosive rivelazioni di Peparini, artista a tutto tondo ed ex direttore artistico di “Amici” che ha appena aperto nel quartiere Tuscolano di Roma la scuola di arti performative Peparini Academy e ha denunciato che il mondo della danza non fa eccezione quanto a molestie sessuali, per Enzo Paolo Turchi sono da ritenere credibili. “Gli abusi nel mondo della danza ci sono da sempre. Il potere di determinare una carriera è sempre stato abusato da parte di soggetti pronti a tutto”, rivela. Turchi, classe 1949, sposato con Carmen Russo, compagna di vita e di lavoro da decenni, ne ha viste di cose nella sua lunga attività di ballerino classico e coreografo dei più importanti programmi televisivi in prima serata. Basti pensare a “Canzonissima” condotto da Raffaella Carrà, e poi “Dream” con Oriella Dorella, étoile della Scala prestata al varietà moderno.

Oggi docente in molte accademie italiane, nonché direttore di diverse audizioni per la tv nazionale e per il teatro, si guarda indietro con soddisfazione e afferma: “A me certe situazioni non sono mai capitate. Nessun coreografo mi aspettava nudo nella doccia per un colloquio, nessun direttore mi invitava a casa sua, nessuno si è mai fatto trovare nel mio letto a sorpresa. Ho lavorato con i più grandi coreografi e direttori ma posso dire di essere stato fortunato”. La sua storia è davvero atipica: “Arrivai a soli otto anni alla scuola del teatro di San Carlo di Napoli. Ero stato abbandonato dai miei genitori e i ragazzi più grandi avrebbero potuto molestarmi perché ero molto fragile. Invece mi hanno preso con sé come in una famiglia. Considero la mia esperienza fortunata, senza nulla togliere alla veridicità di quanto affermato dai colleghi che stimo”, racconta.

Si riferisce al racconto di Giuliano Peparini alla Stampa, e alle dichiarazioni di Garrison Rochelle e Steve La Chance, vicini alla sua generazione, ex maestri di “Amici” che sono intervenuti nel dibattito sulle molestie nel mondo della danza. Garrison Rochelle ha parlato per la prima volta di una sua brutta esperienza. A 15 anni si trovava a Houston per uno stage e, assieme ai compagni, aveva dormito a casa dell’insegnante 40enne. Descrive così quell’episodio traumatico. “Una notte me lo sono ritrovato in camera: l’ho mandato via e da allora non mi ha rivolto più la parola”.

Segue un altro racconto a tema. Tre anni dopo Garrison fa un provino per la Houston Valley e, con sua stessa sorpresa, viene ingaggiato pur sapendo in cuor suo di non essere idoneo. Una scelta, spiega, che appurerà in seguito come dettata da altre ragioni: “Da me il direttore artistico voleva ben altro. Fin dal primo giorno mi fece sfacciate avance, davanti a tutti. Dopo tre mesi mollai la compagnia perché era tutto troppo mortificante. Non c’era nessuno a cui chiedere un aiuto o anche solo un confronto: l’unica soluzione era andare via”, confessa amareggiato. La sua triste constatazione: “Sei convinto che ti stiano guardando per la tua arte, invece ammirano il bel sederino”. Poi Garrison allerta su un cambiamento in peggio del mondo della danza: “I ragazzi vogliono emergere, subito e a ogni costo, senza passare dalla gavetta e questo fa sì che chi è scorretto se ne approfitti. Per questo sostengo la presa di posizione di Peparini: bisogna parlare, denunciare, spiegare ai ragazzi che non è normale fare così”.

Questo cambio di passo, questa corsa alla celebrità a tutti i costi è confermata anche da Enzo Paolo Turchi. Ha appena finito di condurre un’audizione dove si è trovato ragazze in quasi perizoma. Domenica prossima sarà ospite a “Domenica In” dove saranno trasmesse alcune sue coreografie in ricordo della Raffaella nazionale. E il 16 agosto debutterà al Festival La Versiliana come regista e coreografo del musical “Flash Dance” prodotto da Luna di Miele. Rivela un po’ allarmato: “Alle audizioni che conduco per il teatro e per la tv ci sono ragazze che si presentano con body tipo tanga e scolli vertiginosi. Se sono nella mia accademia posso emettere un regolamento specifico sull’abbigliamento idoneo. Ma altrove no. Semplicemente evito di correggere i loro movimenti in posizione troppo ravvicinata. Non puoi correggere alla sbarra ragazze vestite così. E’ davvero imbarazzante”.

La sua è una valutazione supportata dall’esperienza di tanti anni di lavoro: “Dagli anni ‘80 in poi si è confuso il concetto di libertà nel mostrare il proprio corpo con quello del talento per la danza. Se prima esistevano tabù da sfatare come quello dei ballerini tutti omosessuali o delle ballerine tutte ragazze facili, oggi esiste un modo troppo disinibito di porsi, che cerca scorciatoie al talento attraverso l’esibizione della fisicità”.

Tornando alla questione molestie, però, non è che un modo disinibito di porsi debba portare ad atteggiamenti illeciti da parte di chi ha potere di scelta in un casting: è la classica questione della minigonna che non deve rendere lecito un abuso. “Sono pienamente d’accordo su questo”, risponde Turchi. E rispetto a quando denunciato da Peparini, un fenomeno di abusi che sembra strutturale nelle accademie e compagnie? “Ritengo che abbia fatto bene a parlarne. Il suo scoperchiare una pentola in ebollizione e aprire al tema delle molestie in un settore di cui si parla ancora poco deve diventare fonte di riflessione per tutti. Attivare una norma di comportamento fra i ballerini: denunciate subito”, risponde deciso.

Turchi fa delle distinzioni: “Quando ero primo ballerino mi arrivavano regali da persone molto ricche. Persino delle automobili. Ho sempre rifiutato. Questo è normale quando acquisisci popolarità. Anche nel caso di un giovane o di una giovane artista che intraprendano una relazione con il direttore o il coreografo, se è frutto di libera scelta, è normale che succeda. Diverso è invece il caso di molestie subite dietro ricatto. Esistono da sempre e vanno denunciate”.

Steve La Chance, che personalmente non ha mai subito molestie, invita infatti a vigilare: “La danza è un ambiente come un altro: le persone malate esistono ovunque, nel mondo del cinema e negli uffici”. La cronaca recente lo conferma. Nel 2019 il Balletto dell’Opera di Vienna è stato al centro di un’inchiesta per bullismo, oltraggi e molestie sessuali. Nel 2022 in Belgio il genio Jan Fabre, regista e coreografo di livello mondiale, è stato condannato a 18 mesi di reclusione con sospensione della pena per diversi capi di imputazione, tra cui molestie sessuali verso i suoi ballerini. Ha sempre smentito le accuse a suo carico.

E poi c’è il caso che ha coinvolto di recente la Fondazione del Béjart Ballet Lausanne, una delle massime istituzioni nel mondo della danza. Il Consiglio della Fondazione ha annunciato il 2 febbraio il licenziamento del direttore artistico Gil Roman in tronco per un fatto avvenuto durante una rappresentazione all’Opera di Parigi. Roman aveva invitato l’ex direttore di produzione, allontanato dalla compagnia dopo un audit nel 2021 per molestie e mobbing, sia allo spettacolo che a un aperitivo con tutto il cast.

“Senza il movimento #MeToo e la libertà di parola che questo ha generato, i danzatori non avrebbero mai osato parlare di queste lesioni psicologiche. Questa cultura dell’umiliazione è evidente anche sui palcoscenici della danza contemporanea, nei centri coreografici nazionali. Ma da quando questo tema è emerso, quello che dieci anni fa era accettato, ora non lo è più. Nessun artista è immune alla ribellione dei suoi danzatori. I giovani rifiutano ciò che i loro anziani hanno accettato”, ecco le parole di Ariane Dollfus su Danse Suisse, giornalista specializzata che ha intervistato decine di persone vicine a Béjart. E’ segno che la danza, così come il cinema e lo sport, meritano attenzione su questi temi. Qualcosa sta cambiando.

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