Sparare ovunque, a tutta la fauna selvatica, anche nelle aree urbane, nei parchi e nelle riserve naturali, dove fino al giorno prima era vietato, con la scusa dell’abbattimento dei cinghiali. E poi la proposta – per fortuna fatta ritirare – di consegnare il fucile ai 16enni, fino al coronamento del sogno di cacciatori (e bracconieri), col silenzio imposto alle associazioni ambientaliste e ai giudici amministrativi unito al passaggio dei carabinieri forestali sotto il controllo del ministero dell’Agricoltura. Cioè sotto il controllo di Francesco Lollobrigida. La strada scelta dalla destra – Lega e Fratelli d’Italia in testa – per stravolgere la legge sulla caccia (157/92) e mettere in pericolo tanto gli animali – uomo compreso – quanto i nostri ecosistemi è fatta di forzature giuridiche, procedure d’infrazione (ebbene sì) e colpi di scena politici. Ed è una strada che parte dal dicembre del 2022, ovvero pochi mesi dopo l’insediamento del governo guidato da Giorgia Meloni. Segno che l’obiettivo era chiaro fin da subito. L’epilogo, a distanza di più di un anno e mezzo, ci dice che dalla prossima stagione venatoria, cioè da settembre, sarà un nuovo far-west, a dispetto delle indicazioni della scienza (e del buon senso). Qui tutta la storia, a tappe.
Appena prima di Natale del 2022, il capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, inserisce nella legge di Bilancio un emendamento che apre alla deregulation sulla caccia (e che, com’è facile notare, non c’entra nulla con la manovra finanziaria in approvazione). Naturalmente, l’emendamento passa. La norma prevede esplicitamente la possibilità di sparare “nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane”. L’emendamento viene fatto passare come “piano di contenimento” dei cinghiali, ma la verità è che la norma è talmente generale che è applicabile a tutta la fauna selvatica. Per di più, per il contrasto alla peste suina africana, esistono già i piani regionali e un piano straordinario nazionale. Alle critiche Foti risponde che “le carabine saranno caricate con sonniferi”, ma nella norma non c’è niente di tutto ciò, anzi: gli abbattimenti vengono affidati direttamente ai cacciatori (e non si menzionano gli anestetici, per i quali, in ogni caso, è necessaria un’apposita formazione).
Due mesi dopo entra in vigore la direttiva europea che allarga i divieti di utilizzo del piombo – che la scienza certifica da decenni essere una sostanza estremamente tossica – nelle munizioni dei cacciatori in particolari zone ricche di biodiversità, le cosiddette aree umide. Il governo, ancora una volta per blandire la lobby delle doppiette (e degli armieri), cerca in un primo momento di aggirare il divieto (che è vincolante per i Paesi membri) con una circolare firmata dai ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura. Ma quando l’Ue si accorge che l’Italia non sta rispettando le regole e decide di inviare una lettera di richiamo, la maggioranza fa ancora peggio: Lega e Fratelli d’Italia inseriscono una serie di emendamenti a un decreto-legge che si occupa di tutt’altro per aggirare, di nuovo, il divieto, depotenziando sia l’Ispra (organo scientifico indipendente che si occupa di tutela dell’ambiente) sia i giudici amministrativi (“colpevoli”, secondo i cacciatori, di bloccare i calendari venatori su impulso delle associazioni ambientaliste). Il risultato della vicenda? Scontatissimo. A febbraio del 2024 la Commissione europea apre ufficialmente una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto – tra le altre – del regolamento Reach (cioè quello sul piombo nelle munizioni).
E veniamo allo scorso dicembre, quando sui giornali campeggiano i titoli “Fratelli d’Italia vuole dare il fucile ai 16enni”. Il meloniano Bartolomeo Amidei deposita in commissione Agricoltura in Senato il disegno di legge che oltre a prevedere l’allungamento temporale della stagione venatoria, consente ai 16enni di imbracciare la carabina. Si sollevano le polemiche e il giorno dopo Lollobrigida fa ritirare il documento. Passano tre settimane ed è la volta buona: la Lega – primo firmatario il deputato-cacciatore Francesco Bruzzone – deposita in commissione Agricoltura alla Camera la propria proposta di legge, che apre, di fatto, alla liberalizzazione della caccia con tutta una serie di punti che il Fatto Quotidiano ha denunciato (e che potete leggere qui) promuovendo una petizione sostenuta da 16 associazioni ambientaliste e animaliste. Grazie all’ostruzionismo (o per colpa, dipende dai punti di vista) del Movimento 5 stelle, che presenta 1.100 emendamenti, i lavori in commissione vanno così a rilento che Lega e Fratelli d’Italia si convincono di non portare a casa la legge o, quanto meno, di non portarla a casa in tempi utili. Tradotto: prima delle elezioni europee. E qui arriva la forzatura di questi giorni.
A inizio maggio il Consiglio dei ministri approva il decreto-legge Agricoltura di Lollobrigida, sul quale il Quirinale esprime più di un dubbio. Parte un’interlocuzione tra Meloni e Mattarella e, alla fine, il Capo dello Stato firma il decreto. Non appena arriva il via libera del Colle, Bruzzone annuncia che il contenuto della sua proposta di legge verrà inserito,attraverso uno o più emendamenti, all’interno del decreto-legge di Lollobrigida. Cosa significa? Che entro il 15 di luglio, data entro la quale il dl dev’essere convertito, il libro dei sogni di cacciatori e armieri sarà legge senza nemmeno un dibattito parlamentare. La strada – segnata – è infatti quella del voto di fiducia alla Camera.
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