Si è concluso da qualche giorno il XXXVI Salone internazionale del libro di Torino, il primo guidato da una donna.
Annalena Benini raccoglieva un’eredità pesante, quella di Nicola Lagioia, sia per i numeri da record dei precedenti Saloni, sia per la qualità e la ricchezza degli incontri. Non era facile, ma la nuova Direttrice ha vinto la sfida.
E’ stato il Salone delle donne, e per me in assoluto il più bel Salone di sempre. Sarò sicuramente di parte, ma l’attenzione che Benini ha dedicato ai temi femminili, e non solo alle grandi scrittrici e autrici, bensì a tutte le donne, ai loro problemi, alle discriminazioni che ancora subiscono e aver creato un filo conduttore con al centro le donne, che ha contaminato buona parte del programma, mi ha molto emozionata.

Finalmente noi donne abbiamo trovato ampia cittadinanza in un evento culturale così importante e potente com’è questa kermesse letteraria, e questo rinforza la mia convinzione che le donne in posizioni apicali, non tutte si badi bene, ma quelle che hanno una visione femminista del mondo, quelle che sono convinte che la società non debba fare a meno dell’apporto rilevante e diverso dell’altra metà del cielo, possono essere motore del cambiamento culturale di questo Paese, primo passo per combattere il patriarcato, parola che si è tanto ascoltata al Lingotto di Torino.

Che la direzione fosse quella, lo si era già potuto intravedere alla presentazione della squadra di consulenti, caratterizzata da una forte presenza femminile che insieme al gruppo storico di collaboratori e collaboratrici hanno condotto in porto questa XXXVI edizione. Come aveva anticipato Annalena Benini, l’idea di “raccontare il mondo in movimento attraverso la vita e le imprese di scrittrici, filosofe, poete, scienziate che continuano ogni giorno a cambiare la storia con la forza della voce e del talento e attraverso sguardi sul presente che riguardano la realtà ma anche la vita immaginaria, in tutte le sue forme” nasce proprio da quel titolo Vita immaginaria un omaggio a una grande scrittrice : Natalia Ginzburg.

Dare conto di tutti gli eventi che l’ hanno caratterizzato in modo così netto, è impresa impossibile, ma accennerò a quelli che mi hanno interessato e colpito di più.

A Elizabeth Strout (premio Pulitzer per la narrativa nel 2009 con il romanzo Olive Kitteridge), è stata affidata la lezione inaugurale che ha intitolato: “L’inizio molto lento della mia carriera molto veloce” dove ha ricordato la sua infanzia vissuta nei boschi del New Hampshire e del Maine. Infanzia solitaria, ma felice che la Strout, incoraggiata dalla madre, ha trascorso immersa nella scrittura. Ma il successo è arrivato molto tardi, a 54 anni, grazie al suo essere volitiva e determinata: “Volevo così tanto diventare una scrittrice che l’idea di fallire mi era quasi insopportabile”.

Interessante l’appuntamento “Le parole per farlo, libri e femminismo” con cinque femministe “doc”: Margherita Giacobino, Barbara Leda Kenny, Laura Marzi, Giorgia Serughetti e Maddalena Vianello che hanno evidenziato quanto il sapere sia potere, un potere da cui le donne sono state sempre tenute lontano.
Così come di femminismo hanno parlato Jennifer Guerra presentando il suo libro Il femminismo non è un brand (Einaudi) nel quale si domanda se l’attuale versione mainstream sia una variante del femminismo o una strategia del capitalismo e Giulia Siviero con Fare femminismo (Nottetempo), un libro di racconti e storie, ma intessuto di elaborazione teorica.

Particolarmente emozionante è stato l’incontro realizzato in collaborazione con Se non ora quando? Torino, che ha visto protagoniste quattro autrici di generazioni ed esperienze diverse: Dacia Maraini, Viola Ardone, Melissa Panarello e Sabrina Efionayi che hanno interpretato in chiave personale lo stesso tema “Vita immaginaria delle donne”. Riprendendo uno schema di successo già sperimentato con il progetto Donne 20/80+, che dal 2023 viene presentato a Torino a Flashback, l’incontro aveva l’obiettivo di scoprire come l’età influenzi pensieri, parole, riflessioni e come sia importante che generazioni differenti si confrontino.
Un elenco infinito quello delle scrittrici presenti, impossibile citarle tutte: Amélie e Juliette Nothomb, la spagnola Alicia Gimenez Bartlett, l’ucraina Katja Petrowsakja, l’ungherese Szilvia Molnar, Claudia Durastanti, Lidia Ravera, Sara De Simone o celebrate e ricordate: Natalia Ginzburg, Goliarda Sapienza, Virginia Woolf, Carla Lonzi solo per fare qualche nome.

L’oscuramento che ha nascosto per tanti anni le scrittrici, dove la scrittura sembrava appannaggio prevalentemente degli uomini è finito e questo Salone lo ha finalmente messo in evidenza; le donne sono protagoniste del mondo editoriale non solo più come lettrici, da anni in numero di gran lunga superiore agli uomini.
Il grave fenomeno della violenza di genere, le molestie, gli stereotipi e le discriminazioni sono stati al centro di tantissimi dibattiti e presentazioni. Ma l’incontro più atteso è stato per me quello con Elena Cecchettin, sorella di Giulia, vittima di femminicidio da parte del fidanzato l’11 novembre del 2023, che ha dialogato con la giornalista Barbara Stefanelli e con Alessandra Campani di D.iRE – Donne in Rete contro la violenza, rispondendo alle domande che sono state poste da lettori e lettrici del blog “La27ora” e da ragazzi e ragazze del progetto “Mi prendo il mondo”. Questa giovane donna ha reagito “ad un dolore che non se ne andrà mai” e che ha stravolto la sua vita, tramutandolo in impegno, cercando di contribuire, con la sua voce, a sconfiggere il patriarcato, presente ancora prepotentemente nella nostra società.

“Fare rumore”, combattere gli stereotipi culturali che sono alla base di quella piramide della violenza che inizia con atteggiamenti spesso considerati insignificanti: l’insulto, la minaccia, la sottomissione economica, lo spintone, lo schiaffo. La violenza parte dal basso, crea un terreno e un humus in cui prolifera ed evolve e si nutre dell’asimmetria di potere tra i sessi: scardinare questi comportamenti, questi stereotipi fin dall’inizio è fondamentale.

E alla domanda di come reagisce ai commenti d’odio (che anche al Salone purtroppo le sono piovuti addosso) risponde: “La cosa più brutta mi è successa l’11 novembre. Bisogna non ascoltare e prestare meno attenzione possibile a queste persone e riderci sopra”. Un incontro intenso, forte e struggente.

Sarebbe bello raccontare e commentare tanti altri momenti ma concludo con quello che mi sta particolarmente a cuore: l’incontro con 500 ragazzi e ragazze che hanno partecipato al progetto Potere alla Parola, che da 12 anni cerca di sensibilizzare le nuove generazioni sul fenomeno della violenza contro le donne, ogni anno con un tema diverso, che SeNonOraQuando?Torino propone insieme al Salone Internazionale del libro. Vedere la Sala Oro così strapiena di studenti e studentesse presentare i loro lavori sugli stereotipi maschili e femminili e ascoltare con attenzione lo scrittore Lorenzo Gasparrini rispondere alle loro domande, fa sperare in un cambiamento, in una società migliore e paritaria, libera dal patriarcato.

E questo Salone dove le donne sono state le principali interpreti è già una realtà.

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