Pensiamo alla mente umana come a un giardino; se non viene curata, non tende a riempirsi di erbacce? Ebbene, cambiare una mentalità richiede non solo il coraggio di seminare nuovi granelli, ma anche la costanza nell’estirpare le erbacce che soffocano il pensiero e, a volte, le persone nelle varie dimensioni dell’essere.

Da anni, mi dedico a questo compito, un impegno che abbraccio attraverso molteplici modalità: dalla cura di sé nel cambiamento personale, alla formazione professionale, fino alle docenze presso il Master Death Studies and The End of Life dell’Università di Padova. Il mio percorso include anche l’organizzazione di dibattiti, la scrittura di articoli e saggi (il mio ultimo libro, per la casa editrice Mursia, si intitola La relazione d’aiuto. Come aiutare a gestire il percorso del lutto) e l’innovativo festival Il Rumore del Lutto, nato a Parma 18 anni fa.

Questo festival, pioniere nella promozione dell’educazione alla morte nello spazio pubblico, ha rappresentato una sfida e un’opportunità di trasformare la mentalità delle persone riguardo un argomento spesso ignorato o temuto: la morte.

Ma cosa significa veramente cambiare una mentalità? Significa innanzitutto rompere gli schemi mentali consolidati, sfidare le convinzioni radicate e aprire la mente a nuove prospettive. Questo processo richiede tempo, pazienza e una volontà incrollabile di perseverare nonostante le difficoltà.

Uno degli ostacoli principali è stata la resistenza al cambiamento. Di norma le persone tendono a restare ancorate alle loro abitudini e convinzioni, spesso per paura dell’ignoto o per comodità. Tuttavia, ho imparato che il cambiamento è insito nella dimensione in cui ci muoviamo ed è possibile averne consapevolezza solo se siamo disposti ad aprirci al nuovo, ad accettare le sfide e a superare le nostre paure.

Il Rumore del Lutto Festival si distingue come un autentico laboratorio di trasformazione, dove l’innovazione è protagonista e la sperimentazione di nuove idee è incoraggiata. Attraverso una vasta gamma di incontri, tra cui death cafe, workshop, spettacoli e performance artistiche, il festival si propone di aprire un dialogo franco e profondo sulla mortalità. L’obiettivo è educare alla morte come parte integrante della vita, in modo naturale, inseparabile, ridestinando l’attenzione del pubblico su questioni cruciali come il lutto nella vita quotidiana, il ritrovare attraverso la perdita, i processi di passaggio e trasformazione, nonché la resilienza.

Ma il vero cambiamento avviene nel lungo periodo, attraverso piccoli gesti quotidiani, discussioni, incontri ed esperienze che modellano gradualmente la nostra visione del mondo. Cambiare una mentalità è un viaggio senza fine, fatto di alti e bassi, di successi e insuccessi, ma è anche un’opportunità di crescita personale e collettiva.

La metamorfosi dell’essere umano, sebbene intrinsecamente possibile, è un percorso epico che richiede il coraggio di affrontare le profondità della propria anima. È un’odissea interiore che esige una sincera ricerca di verità e un’apertura radicale alla trasformazione. Ogni singolo atto di volontà, ogni riflessione profonda, è come un frammento di luce che penetra l’oscurità dell’ignoranza. È come un’opera d’arte, intessuta con fili di perseveranza e resilienza.

Possiamo cambiare una mentalità, un pensiero alla volta, una conversazione alla volta e, attraverso un festival di death education, un’edizione alla volta. Una vita dedicata alla consapevolezza della morte. Vorrei essere ricordata così, un giorno. E voi, come vorreste essere ricordati?

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