Chissà quali saranno stati i pensieri dei nipoti Orlando e Dorotea a vedere il nonno portato in trionfo sotto la curva occupata dai tifosi del Cagliari, dopo il 2-1 in casa del Sassuolo e relativa salvezza: Claudio Ranieri, 73 anni in vista, lanciato più volte per aria, come al parco giochi. Anche alcuni giocatori del Cagliari per questioni anagrafiche potrebbero essere nipoti di Sir Claudio: per esempio Matteo Prati, ventenne, acquisto più costoso del mercato estivo, firma del primo gol nella partita di Reggio Emilia. Storie già viste, allenatori “anta” che non mollano l’osso e sorprendono. “Mi davano del bollito, e invece…”, le parole di Ranieri. Anche questo, un film già visto. Per dire, dopo Napoli si dava per finito Carlo Ancelotti. Per dire. Ci sono tante ragioni dietro l’eternità di un allenatore: la voglia di non cedere il passo, l’orgoglio, l’amore per la professione, i sentimenti, la passione. Per qualcuno anche il vil denaro, ma non è il caso di Sir Claudio, signore come pochi e intelligente investitore dei suoi guadagni. Ranieri ha vissuto da autentico protagonista la parte finale della sua carriera: l’impresa Leicester, a 65 anni; la promozione in A e la salvezza del Cagliari ballando tra i 71 e i 72. C’è stato qualche passaggio a vuoto, vedi Fulham e vedi Watford, ma capita anche ai grandissimi. Non si può sempre fare centro e quando vai a lavorare in realtà tipo Fulham e Watford, il rischio di una caduta è da mettere in preventivo.

Ranieri ha trovato nel corso degli anni non solo la sicurezza di un lungo cammino iniziato nel 1986 a Lamezia in Serie D, ma anche la fermezza di dire esattamente quello che pensa. Sulla costruzione dal basso, per esempio: “Non capirò mai perché rischiare di farsi male da soli. Certe cose possono permettersele i club con grandissimi giocatori”. Un colpo allo stomaco al partito dei ‘giochisti’, abbagliato da un certo tipo di copione, ma incapaci di comprendere che il calcio ha tante anime: attaccare, difendere, concretizzare, leggere, capire, intuire. Il Signor Claudio domenica ha dato una lezione al collega Ballardini su tutta la linea: tattica, motivazioni, interpretazioni, duttilità. Persino umiltà. Il Cagliari ha affrontato il match per vincerlo e portare a casa la salvezza. Il “vecchio” ha dominato il mare. Ha manovrato le vele. Ha cambiato e ricambiato rotta. È arrivato in porto, con il vessillo in mano, come diceva il capitano romanista, Agostino Di Bartolomei, romano come Sir Claudio, figlio del quartiere San Saba.

Ranieri ha usato poche parole per motivare i suoi marinai: ha rispolverato un’immagine di Gigi Riva. Il Cagliari simbolo di un’isola. Un’immagine sempre attuale, anche dopo mezzo secolo e con la cementificazione di alcuni luoghi della Sardegna che hanno devastato l’anima di una terra splendida. La Sardegna ha dato molto all’Italia. Non solo il mare. È la terra di uomini come Enrico Berlinguer e Antonio Gramsci. Di letterati come Grazia Deledda (Nobel 1926), Emilio Lussu, Giuseppe Dessì, Gavino Ledda. Di Università storiche come quella di Sassari (1562) e Cagliari (1626). E ha regalato al calcio una serie di storie meravigliose, tutte nel segno del Cagliari: la promozione in Serie A (1964), lo storico scudetto (1970), il doppio salto dalla Serie C alla A (1988-1990). Ora, queste due stagioni nel segno di Ranieri: il ritorno tra i grandi nel 2023 e la salvezza nel 2024. Sir Claudio è uno dei protagonisti della storia: il biennio 1988-1990, il biennio 2023-2024. Un filo lungo trentasei anni, che ha conquistato la gente di Sardegna, sul filo di un calcio intelligente e pratico. Bollito chi?

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