Viene chiamata la “presa della battigia” e sabato, a Ostia, erano una cinquantina. Hanno piantato ombrelloni e disteso asciugamani tra le fila dei lidi. “Per questa stagione balneare le spiagge sono liberate” spiegavano in un video pubblicato sulla loro pagina Instagram. I gestori hanno chiamato le forze dell’ordine. “Stanno parlando con noi e non possono mandarci via” commentava sui social un rappresentante del coordinamento Mare Libero, che si godeva la sua giornata al mare. “Le concessioni sono scadute, gli ombrelloni sono lasciati qui illegittimamente. Gli italiani possono stendere liberamente i loro asciugamani e nessuno può dir loro nulla, né chiedere pagamento dei servizi né allontanarle”.

Agostino Biondo, rappresentante del consiglio direttivo nazionale di Mare Libero, spiega al Fatto che, poco prima, una donna con un bimbo piccolo si era seduta a ridosso della battigia ed era stata invitata dal bagnino ad allontanarsi. “Poi siamo arrivati noi e hanno provato a mandarci via, fermandosi solo quando hanno visto che avevamo le telecamere al seguito”. Mare Libero ha in programma altre “giornate al mare” di questo genere con i loro associati, che sono diverse centinaia sparse in dieci regioni. “Siamo un coordinamento nazionale nato nel 2020 dall’unione di vari comitati e associazioni già presenti a livello locale” spiega. Si sono allargati col tempo, man mano che la giurisprudenza italiana ed europea segnalava l’illegalità delle continue proroghe generalizzate alle concessioni. “Ora siamo presenti in dieci regioni italiane, quasi tutte quelle costiere, con nuclei locali che sono a loro volta associazioni con i rispettivi membri”.

Il loro primo punto fermo è che le concessioni balneari prorogate – fatte salve le eccezioni previste dal Consiglio di Stato nelle scorse ore – siano di fatto da considerarsi scadute: “Per questo semplicemente andiamo in spiaggia dove risultino tali e la viviamo. Non è una manifestazione, semplicemente una giornata al mare. Non distribuiamo volantini, non abbiamo megafono, non facciamo occupazione del suolo pubblico: abbiamo solo asciugamani e ombrelloni”. Non utilizzano i servizi degli stabilimenti. “Ma se pure vorremmo – dice Agostino – potremmo far leva sull’articolo 49 del codice della navigazione” che prevede, a scadenza della concessione, che le strutture non rimovibili vadano allo Stato. Un articolo che Fratelli d’Italia sta oltretutto provando a eliminare con una proposta di legge che è attualmente in discussione in Commissione Finanze alla Camera. “Peccato che la sua abrogazione non valga retroattivamente – spiega Biondo – e che comunque l’articolo lasciasse possibilità di deroga alle parti al momento della firma del contratto di concessione: quindi, se non era stata prevista in origine, difficile che ora si possa evitare di applicare il 49”.

Insomma, sarà un’estate intensa. L’associazione continuerà con le sue iniziative senza però dare troppa risonanza preventiva, proprio per evitare l’effetto protesta. “Non vogliamo far passare il messaggio che per andare in spiaggia serva l’autorizzazione della questura”. Una protesta morbida nella forma ma comunque rigorosa e forte della difesa dei propri diritti. Biondo racconta che l’associazione ha vinto un ricorso al Tar a Napoli dopo che il Comune aveva chiuso un cancello di accesso alla spiaggia pubblica con la scusa che fosse una riserva naturale. A Chioggia han disposto un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica perché il Comune aveva trasformato delle spiagge libere in concessione senza la procedura di licenza pubblica. “Quando ce l’hanno segnalato, erano scaduti i termini per il ricorso al Tar. Quando abbiamo proceduto, il comune ha ritirato l’atto in autotutela”.

Ora stanno preparando una diffida al comune di Santa Teresa di Gallura che ha previsto il pagamento per l’accesso a una spiaggia libera motivandolo con la necessità di contingentare le entrate per tutelare la riserva naturale. “Le segnalazioni arrivano alla nostra mail e alle nostre pagine social quasi quotidianamente da persone che vogliono informazioni sulle spiagge nei loro dintorni. Noi puntiamo a chiedere che in ogni Comune il 50 per cento delle spiagge sia libero e che le gare abbiano vincoli molto più stringenti e maggiore trasparenza”. Trovare le spiagge con le concessioni scadute è difficile, ma non del tutto visto che sono scadute un po’ ovunque. “Il problema è che i comuni non pubblicano i dati sulle concessioni, non c’è modo diretto di saperlo ma i concessionari sono obbligati a esporre l’atto e quindi il bagnante può sempre richiederlo. Magari si trovano proroghe e timbri ma vanno considerate come se non fossero state emanate, salvo alcuni casi pre-Bolkestein o per gara”. Se il governo seguirà le nuove indicazioni del Consiglio di Stato, al massimo si potrà rispettare i tempi tecnici e solo in caso di gare già avviate o deliberate entro la fine del 2023. Casi rari.

E il timore di essere cacciati? “Non c’è. Possono al massimo sanzionarci. A quel punto, dopo aver chiamato tutte le forze dell’ordine del caso, oltre alla sanzione va chiesto il nome del funzionario (che si prenderà la responsabilità di non disapplicare la normativa in contrasto con quella dell’ Ue) e si può fare ricorso”. Il Consiglio di Stato ha infatti già chiarito che le eventuali proroghe sono da considerarsi non applicabili “ad opera non solo del giudice ma di qualsiasi organo amministrativo, doverosamente legittimato a considerare, da quel momento, tamquam non esset le concessioni in essere”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Il caso del peschereccio con due nomi, due bandiere e due permessi per cacciare tonnellate di tonno nel Mediterraneo

next
Articolo Successivo

Ecco perché le maggiori banche dei paesi del G7 sono “i primi inquinatori al mondo”. Il rapporto ReCommon

next