La morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero apre alla questione del passaggio di potere nella Repubblica islamica. Come previsto dalla Costituzione iraniana il suo ruolo di capo del governo è stato assunto ad interim dal primo vice presidente Mohammad Mokhber con l’approvazione della Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, capo dello Stato. Ora, entro 50 giorni, il Paese deve andare alle elezioni per eleggere un nuovo presidente. Un consiglio composto dal presidente dell’Assemblea consultiva islamica, dal capo del potere giudiziario e dal primo vicepresidente deve organizzare le urne entro quel termine.

Le consultazioni che hanno visto vincere Raisi nel 2021, con il 72% dei consensi, erano state le presidenziali con l’affluenza più bassa nella storia della Repubblica islamica, con circa il 49% degli aventi diritto esprimere una preferenza e oltre il 13% di schede bianche o nulle. Secondo molti analisti, le ragioni vanno ricondotte all’esclusione della maggior parte dei candidati, circa 600 moderati e riformisti, che ha lasciato spazio di fatto esclusivamente agli ultraconservatori. Un copione simile si è ripetuto solo pochi mesi fa, durante le consultazioni parlamentari dell’1 marzo che hanno visto soltanto il 41% della popolazione andare alle urne, segnando un nuovo record. In questo caso, la bassa affluenza è stata dovuta non solo alla squalifica di molti candidati riformisti ma anche all’impatto della durissima repressione delle proteste antigovernative esplose alla fine del 2022 dopo la morte della ventenne curda Mahsa Amini, uno degli eventi più tragici durante l’amministrazione di Raisi.

Una nuova elezione, mentre la Repubblica islamica è soggetta a sanzioni economiche e coinvolta in un conflitto sempre più aspro con Israele, potrebbe rinvigorire il movimento di protesta che si era formato quando Mahsa perse la vita, dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava correttamente il velo. L’episodio ha provocato un’ondata di manifestazioni a livello nazionale e all’estero. La repressione è durata mesi e ha portato a oltre 500 morti e alla detenzione di oltre 22mila persone.

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