È il terzo degli otto minuti di recupero concessi allo Stade Pierre Mauroy. Jordan Lotomba, terzino destro del Nizza, si trova tutto solo davanti al portiere del Lille Vito Mannone. Il suo colpo di testa passa sotto alle gambe del portiere italiano, supera lentamente la riga, regala il pareggio alla squadra di Francesco Farioli. Non è la firma solo sul 2-2 definitivo, ma anche su un miracolo, che però si materializza a circa 750 chilometri di distanza. Il piccolo Brest è qualificato direttamente alla prossima Champions League, estromettendo squadre dal grande blasone e budget molto superiori come Marsiglia, Lione e appunto Lille. E mai nella sua storia aveva giocato in una competizione europea.
Nizza nel destino
Un’impresa nel segno di Nizza. Perché se la squadra di Farioli ha contribuito a rendere una favola una realtà, l’allenatore dei Les Pirates a Nizza è nato quasi 57 anni fa, e nel Nizza ha giocato nel vivaio, in prima squadra e l’ultima partita della carriera. Si chiama Eric Roy. Figlio d’arte – suo padre Serge ha vinto un titolo col Monaco – è stato un buon calciatore tra gli anni Novanta e Duemila, vestendo anche le casacche di Lione, Marsiglia e Sunderland. In Bretagna è tornato a sedere su una panchina dodici anni dopo la sua unica esperienza tra il 2010 e il 2011, ovviamente al Nizza. Una sorta di non-allenatore, che in tutti questi anni ha fatto altro. Dopo l’addio al calcio infatti avvia una carriera con ruoli dirigenziali. Viene scelto come direttore del marketing e poi come direttore sportivo del Nizza, che nel 2010, come detto, lo nomina allenatore. Un’avventura modesta, durata circa 70 partite, prima del ritorno dietro alla scrivania. Dopo il giugno 2012, Roy cambia scenario. Diventa opinionista tv a BeIN Sports, poi tra il 2017 e il 2019 è direttore sportivo del Lens. Ruolo che assume anche al Watford. Una parabola chiusasi nel gennaio 2023, quando arriva una chiamata da Brest.
Calcio solido e pragmatico
Questa scritta dai bretoni biancorossi è una storia che in pochi potevano immaginare alla vigilia di questa stagione. L’obiettivo alla fine era quello di sempre: la salvezza. Un anno fa poi la banda di Roy aveva chiuso il campionato al quattordicesimo posto, dopo aver rischiato di scendere in quella Ligue 2 abbandonata nel 2019. Invece questo campionato ha mostrato una squadra essenziale, espressione di un calcio solido e pragmatico. All’interno del 4-3-3 disegnato da Roy trovano posto giocatori poco conosciuti ma interessanti. Per esempio l’estroso Pierre Lees-Melou – mediano creativo che a gennaio ha detto “no” al Rennes (i rivali principali in quella parte di Francia) -, Mahdi Camara, il talentuoso Kamory Doumbia, Bradley Locko e soprattutto Lilian Brassier, roccioso difensore sotto osservazione anche del Bologna. Una squadra dove è presente anche un pezzo d’Italia, con quel Martin Satriano, girato in estate di nuovo dall’Inter, dopo l’annata all’Empoli.
L’Europa in campo neutro
La parabola del Brest si regge anche grazie a una proprietà un po’ vecchio stampo. Francese in un campionato pieno di emiri e di fondi. Al comando c’è il presidente Denis Le Saint, patron del gruppo familiare di distribuzione di prodotti alimentari freschi. Il club ha varato un budget di 48 milioni di euro, il quinto più basso della Ligue 1. Per avere un termine di paragone, il PSG la scorsa estate ne ha spesi circa 400 sul mercato. Una storia che non si sarebbe materializzata senza il supporto dello Stade Francis Le Blé, 15mila posti e sempre tutti occupati. Un luogo con le tribune scoperte (denominate “a cielo aperto”) e dove non è insolito vedere persone che seguono le partite dai terrazzi dei palazzi circostanti. Scene che però, con ogni probabilità, non si potranno vedere in Champions League. Il Francis-Le Ble infatti non soddisfa i requisiti UEFA. Probabile dunque che il Brest sarà costretto a giocare le sue partite casalinghe in campo neutro.