È stato il caso di un 18enne che aveva fotografato due ragazzine – dopo averle convinte – a innescare il ricorso alla Consulta che ha dichiarato oggi l’illegittimità costituzionale dell’articolo di legge che punisce la produzione di materiale pedopornografico per violazione degli articoli 3 e 27 della Costituzione. Questo perché non prevede che nei casi di minore gravità la pena – che va dai 6 ai 12 anni – sia diminuita.
Il Collegio, nel sottolineare “la discrezionalità del legislatore nella individuazione delle condotte costitutive di reato e nella determinazione delle relative pene, quale massima espressione di politica criminale, ha, al contempo, ribadito l’invalicabile limite della arbitrarietà e manifesta irragionevolezza”. I giudici hanno sottolineato che solo una pena rispettosa del “canone della proporzionalità, calibrata sul disvalore del caso concreto, garantisce una effettiva individualizzazione della pena e la sua funzione rieducativa”. I magistrati hanno ricordato che nel caso originario la differenza tra vittime e autore di reato era minima, l’oggetto delle immagini erano “organi sessuali secondari”, le foto non erano state né vendute, né divulgate e né erano state estorte, ma richieste con insistenza.
La Corte ha osservato che, per il reato di produzione di materiale pedopornografico, la mancata previsione di una “valvola di sicurezza” che consenta al giudice di modulare la pena, onde adeguarla alla concreta gravità della singola condotta, può determinare l’irrogazione di “una sanzione non proporzionata”, in quanto il reato può comprendere condotte – se pensiamo ai casi di detenzioni di enormi quantità di immagini che si scoprono durante le indagini sulla pedofilia online – gravissime.
La mancata previsione di una diminuente – analoga a quella prevista per i delitti di violenza sessuale e atti sessuali con minorenne – preclude, infatti, al giudice di calibrare la sanzione al caso concreto “che può essere riconducibile, pur nel suo innegabile disvalore, a un’ipotesi di minore gravità, individuabile grazie alla prudente valutazione globale del fatto in cui assumono rilievo le modalità esecutive e l’oggetto delle immagini pedopornografiche, il grado di coartazione esercitato sulla vittima (anche in riferimento alla mancanza di particolari tecniche di pressione e manipolazione psicologica o seduzione affettiva), nonché le condizioni fisiche e psicologiche di quest’ultima, pure in relazione all’età (e alla contenuta differenza con l’età del reo) e al danno, anche psichico, arrecatole”.