Gli estremisti israeliani che bloccano i camion di aiuti umanitari diretti a Gaza ricevono informazioni sulla posizione dei convogli da membri della polizia e dell’esercito israeliani. Lo ha ammesso una portavoce del principale gruppo di attivisti israeliani che organizza i blocchi, il Tzav 9, parlando con Lorenzo Tondo del Guardian.

“Sì, alcune delle nostre informazioni provengono da singoli membri delle forze israeliane”, ha detto la portavoce del gruppo Rachel Touitou all’inviato a Gerusalemme del quotidiano britannico. Aggiungendo: “La missione di un poliziotto o di un soldato dovrebbe essere quella di proteggere gli israeliani e invece viene inviato a proteggere i convogli di aiuti umanitari sapendo che finiranno nelle mani di Hamas. Non possiamo incolpare loro o i civili che notano i camion che passano nelle loro città perché forniscono informazioni ai gruppi che cercano di bloccare gli aiuti”.

Come prove della collusione di alcuni singoli appartenenti alle forze di polizia o all’Idf, il Guardian cita “messaggi di gruppi chat” verificati direttamente, nonché racconti di diversi testimoni e attivisti per i diritti umani.

La settimana scorsa, hanno fatto il giro del mondo le immagini di un assalto a un convoglio umanitario al checkpoint di Tarqumiya, a ovest di Hebron nei territori della Cisgiordania occupati. L’incidente, in cui si vedono attivisti di destra israeliani calpestare le scatole di rifornimenti e dare alle fiamme il mezzo che le trasportava, aveva scatenato perfino una reazione indignata della Casa Bianca, che ha condannato l’attacco come “comportamento completamente e assolutamente inaccettabile”. Da allora, alcune ong e gruppi della sinistra israeliana hanno organizzato dei presidi a difesa dei camion.

Nei giorni scorsi il giornalista Lorenzo Tondo aveva già diffuso altri video che mostravano come i soldati israeliani con il compito di scortare i camion non sono intervenuti per contro i coloni che arrivavano per vandalizzarli.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Successivo

Una rete contro il turismo molesto: la soluzione del piccolo comune giapponese contro chi non rispetta le regole

next