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Iran, la morte di Raisi apre la corsa alla successione. Ma nessuna guerra per il potere, è tutto in mano alla Guida Suprema Khamenei

Quarantatré anni dopo Mohammad Ali Rajaei, ucciso in un attentato a Teheran nel 1981, Ebrahim Raisi è il secondo presidente della Repubblica islamica dell’Iran a perdere la vita nel corso del proprio mandato. L’elicottero su cui viaggiava, di ritorno dall’inaugurazione di una diga in Azerbaijan, è precipitato nei pressi di Songun, nella regione montuosa dell’Azerbaijan iraniano, situata al confine con il Paese omonimo guidato da Ilham Aliyev. Le teorie del complotto, alimentate dalla fase di altissima tensione tra Iran e Israele, che alcuni avevano messo in relazione col fatto che il Paese da cui Raisi stava facendo ritorno ha forti relazioni militari con Tel Aviv, sembrerebbero poter morire sul nascere. Non tanto a causa della spiegazione più immediata, cioè la scarsissima visibilità al momento dello schianto dell’elicottero di produzione americana Bell 212 (risalente agli anni 60), che sorvolava un’area montuosa con forte maltempo, quanto per quella ancor più logica: il fatto che fossero mezzi datati e dei quali era difficile per Teheran reperire ricambi.

L’esperto di cyberspionaggio e attivista iraniano, Nariman Gharib, ha diffuso su X una lettera segreta fatta recapitare nel 2023 al vicepresidente iraniano Mohammad Mokhber in cui si esprimevano la necessità e l’urgenza di acquistare per la cifra di 32 milioni di dollari due elicotteri Mi-171A2 per “fare fronte alla frequenza dei viaggi presidenziali e aggiornare la flotta”, in anni di durissime sanzioni ai danni della Repubblica islamica che rendono complicata la tempestiva manutenzione dei velivoli commerciali e militari per via della difficoltà a reperire pezzi di ricambio.

La morte di Raisi, paradossalmente, riguarda meno la presidenza della Repubblica e più da vicino la questione della successione della 85enne Guida Suprema Ali Khamenei. Sia per il contenutissimo mandato popolare che il primo ha ricevuto alle elezioni del 2021 – le meno partecipate dei 45 anni di Repubblica islamica – che per il favore con cui Khamenei vedeva il passaggio della carica, forse superiore anche a quello accordato a suo figlio, Mojtaba Khamenei.

Come annunciato dallo stesso ayatollah su X, la Costituzione iraniana all’articolo 131 è abbastanza chiara: l’esecutivo passa nelle mani dello stesso vicepresidente Mohammad Mokhber, già sotto sanzioni individuali anche in Ue, uomo legato a doppio filo alla bonyad (fondazione religiosa) Eiko, implicata qualche anno fa in uno scandalo sulla produzione di milioni di dosi di un vaccino anti-Covid e nota per aver confiscato una serie di proprietà ai dissidenti all’estero e a una serie di membri della diaspora iraniana. Mokhber guiderà il governo per un massimo di cinquanta giorni entro i quali l’establishment è chiamato a organizzare elezioni anticipate (le prossime erano previste per l’anno prossimo, ndr). Ali Bagheri Kani, viceministro degli Esteri, sostituirà a sua volta Abdollahian.

L’anticipazione della tornata elettorale di quasi un anno rispetto al calendario potrebbe fornire a Khamenei l’opportunità insperata di “ravvivare” la declinante popolarità del vilayat-e faqih, ossia il governo dei giuristi, affossata ulteriormente dalla bassissima affluenza delle ultime elezioni parlamentari. Ma se è vero che le elezioni anticipate potrebbero in linea di principio riportare gli iraniani alle urne, è difficile che le tendenze all’apatia si arrestino, specie in un clima come quello degli ultimi anni, con il forte restringimento delle candidature a personalità vicine alla Guida stessa.

Molto può dipendere da come Khamenei interpreterà questa improvvisa morte del presidente: come l’occasione per sostenere dei candidati ancor più oltranzisti o come invece la possibilità di “correggere”, magari aprendo alla candidatura di riformisti o più realisticamente centristi pragmatici, una traiettoria che con Raisi sembrava aver certificato un certo scollamento con la società civile. Tra i vari nomi, chi sembra avere molte chance, in termini di gradimento nelle alte sfere, è Mohammad Bagher Qalibaf, ex sindaco di Teheran, tre volte candidato alle presidenziali ed attuale speaker del Parlamento.