Le promesse del governo sui centri in Albania, sull’aumento dei rimpatri e sulle cosiddette procedure accelerate per l’esame delle domande d’asilo sono “aria fritta“. A dirlo sono i dipendenti del ministero dell’Interno, quelli che con le richieste di protezione internazionale hanno a che fare tutti i giorni, perché lavorano nelle Commissioni territoriali che le esaminano, a partire dalle audizioni degli stranieri e fino all’esito finale. Personale selezionato con un apposito concorso e altamente qualificato, tanto che molti hanno poi vinto altri concorsi, intrapreso carriere diplomatiche o prefettizie. E infatti dei 400 assunti tra 2018 e 2019 oggi ne restano la metà, mentre gli arretrati non fanno che aumentare anche per le carenze nell’organico amministrativo. Il risultato? “Il lavoro viene svilito e il diritto d’asilo messo a repentaglio, mentre l’accelerazione promessa dal governo non c’è e al contrario la macchina rallenta”, spiega la Funzione Pubblica Cgil annunciando un nuovo sciopero del personale delle Commissioni e Sezioni territoriali e della Commissione nazionale per il riconoscimento della protezione internazionale nella giornata di venerdì 24 maggio. L’ultimo era stato lo scorso novembre, “ma da allora non è cambiato nulla, anzi”, spiega Adelaide Benvenuto, coordinatrice nazionale Fp Cgil ministero dell’Interno.
“Voi accelerate, noi ci fermiamo” – E’ uno degli slogan pensati per la giornata di protesta. Il riferimento è proprio alle procedure accelerate, quelle destinate anche e soprattutto ai migranti che il governo Meloni intende portare nei centri che gestirà in Albania grazie al protocollo firmato lo scorso anno col governo di Tirana. Centri che dovevano essere pronti a maggio e che, forse, apriranno a novembre. Ma come non si sa, perché al centro dell’operazione sono appunto gli esami delle domande d’asilo e chi se ne dovrà occupare manca all’appello. Parlavano di 48 assunzioni ma ad oggi ne abbiamo viste solo dieci. E a differenza dei funzionari delle Commissioni si tratta di persone prese da altre graduatorie, senza la formazione necessaria. A dirla tutta non ci sono nemmeno gli uffici necessari ad accoglierli e in attesa di sistemazione stanno facendo un corso online con le dispense”, spiega Benvenuto. “Purtroppo le modifiche apportate dal Decreto Cutro, le ultime direttive del Ministro Piantedosi, e le iniziative a carattere normativo ed amministrativo di allargamento dell’organico con personale non qualificato mortificano l’attività dei funzionari e mettono a rischio la qualità del processo decisionale e la tutela dei richiedenti asilo”, ha scritto Fp Cgil nel volantino che annuncia lo sciopero del 24 maggio.
La preparazione non è un dettaglio – “Le audizioni possono durare anche tre ore, dobbiamo studiare e fare ricerca per poter istruire il fascicolo, oltre alla difficoltà di trovare interpreti e mediatori culturali”, spiegava al Fatto una dipendente delle Commissioni alla vigilia del precedente sciopero. Di più: “Carichi enormi, locali spesso non idonei alle audizioni, personale ridotto, assenza di quello di supporto e di segreteria. E come non bastasse il decreto Cutro emanato dal governo ha aumentato gli adempimenti a nostro carico, rallentando le procedure anziché velocizzarle“. Allora le pratiche da smaltire erano 85mila. Oggi le cose vanno peggio. La recente decisione del governo di inserire nella lista dei Paesi d’origine sicuri anche Egitto e Bangladesh, tra gli altri, aumenta i possibili destinatari delle procedure accelerate, moltiplicando ulteriormente il lavoro. “Che si pretende smaltito in una settimana, ma visto il carico di lavoro e il personale effettivamente a disposizione parlare di corsia preferenziale è una presa in giro, aria fritta”, commenta Benvenuto, che chiede rispetto per lavoratrici e lavoratori pubblici che hanno il coraggio di riprendere lo sciopero mentre subiscono pressioni politiche che alcuni Presidenti delle Commissioni interpretano nel peggiore dei modi. “Mi raccomando non rimanete incinta, si sono sentite dire alcune lavoratrici – racconta Benvenuto allibita -. Cose mai sentite nel pubblico impiego ed è tutto dovuto all’insistenza del ministero e del governo, interessati solo a un’accelerazione che non è pensabile a queste condizioni”.
Un bagno di realtà – E’ quanto offrono le lavoratrici e i lavoratori delle Commissioni, ma il governo non sembra voler ascoltare. I dieci neoassunti, ancora tutti da formare, non avrebbero dovuto occuparsi del protocollo con l’Albania, troppo complicato visto che si tratta di procedure accelerate che, in teoria, dovranno passare da audizioni in video-collegamento, con tutti i problemi del caso, trattandosi di persone che spesso sono vittime di violenze e abusi e “bisogna interpretare anche i silenzi”, hanno spiegato i dipendenti del Viminale. Per questo si intendeva affidare la cosa “ai più esperti“. Peccato che, riferiscono gli stessi lavoratori, “il protocollo lo escluda”. Così, allo sbaraglio si manda personale senza la necessaria specializzazione. Inizieranno il 3 giugno, spiega Benvenuto, “ma visto che il progetto albanese è a dir poco in alto mare, per ora si occuperanno come possono dell’arretrato”. Altro personale il ministero ha provato a recuperarlo dalle graduatorie di quello dell’Economia e delle Finanze. “Persone che immagino avranno una preparazione economico-finanziaria. Il Viminale ne aveva chiesti 118, hanno accettato in 32 e chissà come andrà a finire”, aggiunge la coordinatrice Fp Cgil. Perché ormai s’è capito in che condizioni si lavora, tra annunci di tagli sui servizi di interpretariato già oggi difficili da reperire, assenza di un servizio di supporto psicologico per i funzionari istruttori che in audizioni ascoltano vicende spesso traumatiche sulle quali prendere decisioni delicate, rischio di burnout molto elevato e notevole stress lavorativo con un oggettivo problema di tenuta di questi uffici vessati dalla pressione politica”.