Che cos’è il Marine Cloud Brightening? Il MCB è una iniezione deliberata di particelle nelle nubi marine di basso spessore. E serve ad aumentarne la capacità di riflettere la radiazione solare, con una ovvia riduzione della energia assorbita dal sistema climatico. L’obiettivo è impegnativo: migliorare la qualità dell’aria a livello sia locale sia globale, attraverso strategie capaci di garantire una equa distribuzione geografica dei benefici e dei rischi del cambiamento climatico. In pratica si procede sparando verso il cielo un aerosol salino (Figura 1). Una tecnica già ideata da Benvenuto Cellini che salutò a cannonate l’entrata in Roma della sposa in nero: non era una salva di benvenuto, ma servì a spazzare via il temporale. Senza dimenticare le prodezze del sedicente Generale Dyrenforth, le cui gesta ho già narrato su questo blog e immortalato in un divertente motivetto country (The rain machine).
Dal punto di vista della fisica, parecchi scienziati ritengono che la fattibilità della tecnica MCB potrà essere provata soltanto in base ai dati di campo, superando la fase delle mere congetture. Detto fatto, nei primi giorni di marzo, alcuni scienziati della Università di Washington hanno organizzato senza troppa pubblicità un esperimento storico, scegliendo di condurlo in una delle baie più iconiche del pianeta. Privi di un piccolo naviglio da attrezzare alla bisogna, hanno ripiegato su un vecchio ma glorioso cimelio bellico.
Alameda è una cittadina situata su una piccola isola nella baia di San Francisco, non lontana dal capoluogo Oakland e da San Francisco, sul lato opposto della baia. Ospita una portaerei-museo, la HSS Hornet, disarmata nel 1970. Dal ponte di questo vascello, gli scienziati hanno puntato al cielo un cannone a spruzzo che ha iniziato a bombardare il cielo di aerosol salino, fino a raggiungere centinaia di metri di quota. L’ordigno, simile a un “cannone da neve” secondo i pochi testimoni, ha spruzzato verso il cielo per circa 15 minuti, più volte al giorno, uno spray di goccioline saline grandi mille volte meno del diametro di un capello. Iniettando le particelle di sale marino, aumenta il numero delle goccioline presenti nelle nuvole e ne diminuisce la dimensione. E il flusso dei raggi solari riflessi dalla nuvola verso lo spazio aumenta di conserva. Un po’ come aumentare il numero degli specchietti che, contenuti in ogni nube, riflettono la luce solare (Figura 2).
È stato il primo esperimento di brillantamento (vocabolo da me inventato e soggetto a copyright) delle nuvole mai condotto nel Nord America, il secondo al mondo. Quattro anni fa, alcuni ricercatori australiani condussero un esperimento simile lungo la Grande Barriera Corallina nella speranza che brillantare (come sopra) le nuvole potesse prevenire lo sbiancamento dei coralli dovuto al riscaldamento dell’acqua marina; al momento, non c’è alcun apparente riscontro dei risultati nella letteratura scientifica. Nel 2021, un esperimento simile e più limitato, progettato dalla Università di Harvard, fu cancellato a Kiruna, nell’estremo nord della Svezia.
Come spesso accade — talora a ragione e qualche volta a torto — gli abitanti di Alameda come quelli di Kiruna non hanno apprezzato il privilegio di assistere da vicino a un esperimento che potrebbe cambiare i destini dell’umanità. Secondo un comunicato stampa riportato dall’Alameda Post, il Comune ha ordinato agli scienziati di sospendere l’esperimento, in violazione del contratto di locazione tra la città e la USS Hornet. Nel contempo, Alameda ha incaricato un team di biologi ed esperti in materiali pericolosi per valutare (in modo indipendente) la salute e la sicurezza ambientale dell’esperimento. In particolare, se le sostanze chimiche presenti nello spray rappresentino o meno una minaccia per l’uomo, gli animali o l’ambiente. Nel prossimo giugno, Alameda condividerà i risultati con la stampa e con i ricercatori della Università di Washington, che hanno comunque apprezzato l’iniziativa, ritenendola costruttiva.
Devo ammettere che sono particolarmente interessato alla vicenda, poiché ho pubblicato, poco tempo fa, uno studio sulla penetrazione all’interno delle zone costiere da parte delle cosiddette famigerate bombe d’acqua che si sviluppano in mare aperto. Anche modestissime alterazioni locali della coltre nuvolosa potrebbero migliorare (o peggiorare) l’effetto al suolo dei nubifragi. C’è molto scetticismo sugli esperimenti di geoingegneria e sulla efficacia di queste iniziative. E, soprattutto, si temono i rischi e le conseguenze della manipolazione meteorologica. Molti dei possibili effetti della inseminazione salina dell’atmosfera sono del tutto sconosciuti. Messa in pratica su larga scala, questa intrusione potrebbe cambiare la circolazione oceanica o innescare fenomeni meteo in grado di influenzare la pesca o l’agricoltura.
In realtà, un certo brillantamento del cielo lo stiamo già sperimentando, a causa dell’inquinamento che, nella pianura padana, non manca di certo assieme al fiume di parole spese dalla politica per “mettere in sicurezza” il territorio. Gli studi sugli aerosol atmosferici possono aiutare gli scienziati a capire quanto si riscalderebbe la Terra se migliorassimo la qualità dell’aria. E, paradossalmente, la geoingegneria solare potrebbe sopperire all’effetto di raffreddamento oggi svolto dall’inquinamento, una volta che l’inquinamento si fosse progressivamente ridotto.