Dopo quella di Israele, la reazione più dura alla richiesta di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità avanzata dal procuratore Karim Khan alla Corte Penale Internazionale (Cpi) nei riguardi del premier Benjamin Netanyahu e il suo ministro della Difesa Yoav Gallant, è venuta da Washington.
Il Presidente degli Stati Uniti, che non riconoscono la Cpi, Joe Biden ha difeso Israele di fronte alla giustizia internazionale definendo “oltraggiosa” la richiesta di mandati di arresto contro i leader israeliani. Il suo capo della diplomazia, Antony Blinken, ha dichiarato che la decisione del procuratore Khan è “vergognoso” e ha ricordato che dal punto di vista americano la Cpi non ha giurisdizione. Non solo. Il segretario di Stato si è detto aperto alla possibilità di lavorare con gli esponenti repubblicani della commissione Esteri del Senato a un provvedimento legislativo per sanzionare la Corte penale internazionale. “Visti gli eventi di ieri, credo che dovremo guardare ai passi appropriati da fare per affrontare una decisione che va nella direzione sbagliata”, ha detto Blinken in un’audizione della commissione. Lunedì era stato lo speaker della Camera Mike Johnson e altri leader repubblicani avevano avanzato l’ipotesi di varare delle sanzioni contro la Cpi.
La Russia: “Curiosa la posizione Usa” – Le parole dell’amministrazione Biden hanno dato a Mosca l’occasione per Mosca di accusare Washington di doppio standard. Il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, citato dall’agenzia di Stato Tass, ha ricordato che la Russia come gli Stati Uniti non riconosce la giurisdizione della Cpi, “ma in generale, l’atteggiamento degli Stati Uniti è più che curioso in merito alla volontà di adottare metodi sanzionatori persino nei confronti della Corte. Molto curioso”. Il riferimento è al fatto che la Casa Bianca non ha mostrato la stessa indignazione contro il mandato di arresto per crimini di guerra emesso nel 2023 nei riguardi del presidente Vladimir Putin. All’epoca, il Cremlino l’aveva considerato “carta igienica”.
La Francia sostiene gli arresti per Netanyahu e Gallant – Parigi ha annunciato ufficialmente il suo sostegno alla decisione della procura della Corte penale internazionale (Cpi), guidata da Karim Khan, di chiedere, lunedì, mandati di arresto internazionali per “crimini di guerra e contro l’umanità” nei confronti del primo ministro israeliano Netanyahu e del ministro della Difesa Gallant, oltre che dei tre leader principali di Hamas Yaya Sinwar, Mohammed Deif e Ismail Haniyeh.
“La Francia sostiene la Corte penale internazionale, la sua indipendenza e la lotta contro l’impunità in tutte le situazioni”, ha scritto il Ministero degli Esteri francese in un comunicato stampa diramato nella notte di lunedì. Ricordando di aver condannato il massacro del 7 ottobre, il dicastero di Catherine Colonna ha scritto che “la Francia ha avvertito per molti mesi della necessità di un rigoroso rispetto del diritto umanitario internazionale, e in particolare del livello inaccettabile di vittime civili nella Striscia di Gaza e dell’inadeguato accesso umanitario” e sottolinea la necessità di una soluzione politica duratura a Gaza.
Le posizioni degli altri Stati sulla Cpi- Il Belgio ha dichiarato ampio sostegno alla decisione della Cpi, l’Irlanda, la Spagna e la Slovenia hanno accettato la decisione in quanto emessa da un organo giuridico indipendente riconosciuto dagli Stati. L’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri Josep Borrel ha dichiarato che “tutti gli Stati che hanno ratificato lo statuto della Corte. Il ministero degli Esteri della Slovenia ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che i presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi in territorio israeliano e palestinese “devono essere perseguiti in modo indipendente e imparziale, indipendentemente dai responsabili”.
La Spagna di Pedro Sánchez, che mercoledì dovrebbe annunciare la data per il riconoscimento dello Stato di Palestina, ha difeso la Corte penale internazionale: “Il lavoro cruciale della Cpi deve svolgersi liberamente e senza interferenze”, ha dichiarato il ministero degli Esteri spagnolo. Il partito di sinistra Sumar, che fa parte della coalizione di governo ed è guidato dalla vicepremier Yolanda Díaz, ha chiesto di “rompere le relazioni commerciali e politiche con Israele”.
All’opposto, Regno Unito (che non riconosce la Corte penale internazionale), Austria, e Germania hanno espresso preoccupazioni per “l’equiparazione” tra Hamas e Israele che risulterebbe dalla decisione di Khan. “La Corte penale internazionale è una conquista fondamentale che la Germania ha sempre sostenuto”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri tedesco Annalena Baerbock, aggiungendo però che “la richiesta simultanea di mandati di arresto contro Hamas e due funzionari israeliani dà la falsa impressione di un’equazione”.
“Questa azione non aiuta a raggiungere una pausa nei combattimenti, a far uscire gli ostaggi o a far entrare gli aiuti umanitari e a fare progressi verso un cessate il fuoco sostenibile che vogliamo vedere”, ha dichiarato un portavoce del premier britannico Rishi Sunak, mentre l’esecutivo ha ribadito che dal suo punto di vista la Cpi non ha giurisdizione su Israele.
A Praga, il primo ministro Petr Fiala ha scritto su X che “trattare entrambe le parti come ugualmente colpevoli è spaventoso e completamente inaccettabile”. “Non dobbiamo dimenticare che è stato Hamas ad attaccare Israele in ottobre e ad uccidere, ferire e rapire migliaia di persone innocenti. È stato questo attacco terroristico del tutto immotivato che ha portato all’attuale guerra a Gaza e alle sofferenze dei civili a Gaza”.
Israele sulla Corte penale internazionale: “È antisemitismo” – Il governo di Tel Aviv continua ad attaccare la decisione del procuratore della Cpi Karim Khan. Tutta la politica israeliana ha stigmatizzato la scelta di equiparare nella richiesta di arresto la leadership del Paese con quella di Hamas. “La Cpi vuole minare il nostro diritto all’autodifesa”, ha detto il ministro della Difesa Gallant. Il procuratore Khan, che già nei mesi scorsi aveva subito critiche per la sua indagine su Israele, ieri ha spiegato che “Se non applichiamo la legge in modo imparziale, la legge stessa cadrà”.
“This is not a witch hunt”: International Criminal Court Chief Prosecutor @KarimKhanQC appointed an independent panel of international legal experts to review the arrest warrant process. pic.twitter.com/ch2bZ5qa5U
— Christiane Amanpour (@amanpour) May 20, 2024
Lunedì Netanyahu in un video aveva parlato di paragone “disgustoso” tra i “terroristi di Hamas” e “l’esercito più morale del mondo”, e affermato che le dichiarazioni del procuratore della Corte Penale Internazionale sono “un esempio del nuovo antisemitismo che va dai campus universitari all’Aja”.
Cosa succede ora – I mandati di arresto richiesti dal procuratore capo della Cpi Khan ieri riguardano i due leader israeliani Netanyahu e Gallant insieme ai tre principali capi di Hamas: Yaya Sinwar (capo dell’organizzazione islamista a Gaza), Mohammed Deif (capo delle Brigate al-Qassam a Gaza), Ismail Haniyeh (capo del braccio politico in Qatar).
Se i giudici della Corte preliminare della Cpi decideranno di convalidare il mandato di arresto richiesto dalla procura per Netanyahu e Gallant, in teoria, tutti i 124 Stati membri della Corte penale internazionale sarebbero obbligati ad arrestarli se si recassero sul loro territorio. La Cpi non dispone di forze di polizia per far rispettare i suoi mandati e si affida alla volontà dei suoi Stati membri di collaborare. Probabilmente i mandati complicheranno soltanto alcuni viaggi diplomatici dei leader israeliani. Il processo vero e proprio per i crimini di cui sono accusati non può cominciare se prima non sono condotti gli arresti, in quanto la legislazione della Cpi non consente un procedimento per contumacia.