Una parte di operai a casa per il contratto di solidarietà, ma i ritmi produttivi aumentano diventando “eccessivi e insostenibili”. Stellantis vorrebbe tutto senza rinunciare a nulla, a spese delle lavoratrici e dei lavoratori. Questa volta, però, i dipendenti dello stabilimento di Cassino-Piedimonte San Germano hanno detto basta: lunedì mattina è scattato uno sciopero immediato con adesione oltre l’80% nei reparti montaggio, plastica, lastratura ed è stato annunciato un bis nella giornata di martedì se “la dirigenza aziendale dovesse perseverare nell’atteggiamento vessatorio”.
Lo sciopero è stato proclamato da Uilm, Fiom e Flmu-Cub per manifestare contro i carichi di lavoro: “Abbiamo risposto all’ennesima presa di posizione unilaterale da parte della dirigenza Stellantis e Alfa Romeo di aumentare ulteriormente i ritmi produttivi e i carichi di lavoro”, hanno spiegato i sindacati. “La scelta aziendale del turno unico non solo ha peggiorato le condizioni lavorative ma ha ridotto drasticamente il salario dei lavoratori che, come sempre, sono gli unici a pagare le conseguenze della crisi – attaccano le sigle metalmeccaniche – Infatti, mentre una parte dei lavoratori è sospesa in contratto di solidarietà con il salario falcidiato, chi lavora, a ritmi infernali, perde pure le maggiorazioni”.
Al momento nello stabilimento è attiva una linea di produzione e si lavora su un solo turno dalle 6 alle 14 con la produzione crollata (-40%) rispetto allo stesso periodo del 2023. E pensare che già lo scorso anno in provincia di Frosinone erano state assemblate solo 48.800 unità, circa un terzo delle 153.263 vetture del 2017. A Cassino si producono Maserati Grecale, Alfa Romeo Giulia, Stelvio e sono in corso da mesi i lavori per sostituire le linee basate sulla piattaforma Giorgio con quelle basate sulla più moderna Stla Large, dalla quale nasceranno in Ciociaria i nuovi modelli premium della casa automobilistica. Qui dovrebbero essere assemblate le versioni elettriche di Stelvio e Giulia, rispettivamente dal 2025 e dal 2026.
I lavoratori chiedono “migliori condizioni lavorative e di vita all’interno della fabbrica” perché “non si può continuare a fare efficienza e profitto sulla pelle degli operai”. Da un lato, infatti, come detto si chiede un ritmo più serrato ma dall’altro una parte dei 2.800 dipendenti del sito è costretta a casa con il contratto di solidarietà. Inoltre il turno unico, come spiegato dai sindacati, azzera ogni maggiorazione legata ai notturni.
“Da decenni presso lo stabilimento di Cassino non si aveva un’adesione così alta ad uno sciopero interno – rivendicano Uilm, Fiom e Flmu-Cub – Ben oltre l’80% dell’effettiva forza lavoro ha aderito e ha rivendicato rispetto e dignità”. La “gravità della situazione” dello stabilimento è “una questione che riguarda tutti e nessuno può tirarsi indietro”, mentre l’azienda mostra – secondo i sindacati – “totale indifferenza verso i suoi dipendenti”. La fabbrica di Cassino, tra l’altro, è una di quelle maggiormente interessate dal piano di esuberi incentivati presentato ai sindacati a fine marzo: le uscite previste sono 560, oltre al taglio di circa 300 trasfertisti che supportano il sito di Pomigliano d’Arco.