di Savino Balzano

Sono padre da pochi mesi e molte delle emozioni che vivo sono inedite: è tutto nuovo. Per la prima volta qualche giorno fa ho provato un particolare tipo di paura, non mi era mai capitato. Torno a casa dal lavoro e mio figlio era diverso dal solito: è un tipetto che sa farsi sentire, bel caratterino, e quella sua totale assenza di reattività mi ha inquietato profondamente. In auto, di corsa al pronto soccorso: scegliamo quello che ritenevamo il meglio di Roma, quantomeno per sentito dire, il Bambino Gesù, sul Gianicolo.

Al netto del fatto che dare un codice verde a un bimbo di otto mesi con 39 di febbre da tre giorni mi pare tuttora curioso, devo dire che assistere a certe scene mi ha profondamente colpito: erano soltanto tre i pediatri del pronto soccorso e centinaia i bambini in attesa di assistenza. Isteria da tutte le parti: gente disperata che attendeva da ore e ore per i propri figli e il personale medico che spesso era costretto a chiamare la vigilanza per sedare gli animi. Siamo a questo: i medici che si “difendono” (per la verità mi è parsa una reazione decisamente eccessiva) dai pazienti che chiedono aiuto.

Sapete com’è finita? Dopo oltre cinque ore di attesa eravamo ancora in cortile, cominciava a far freddo, era mezzanotte e mezza, e abbiamo deciso di andar via rinunciando alla visita. Come noi diversi altri. E volete sapere chi non rinunciava? I poveri cristi che il giorno dopo non avrebbero avuto i soldi per garantire al proprio figlio comunque il meglio possibile, solo loro. Ho provato tanta amarezza pensando alla nostra Costituzione e a quanto recita all’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Forse un tempo lo è stato: oggi non è più così.

Recentemente l’Istat ha pubblicato il suo rapporto annuale e ne emerge una raffigurazione del Paese davvero cupa, difficilmente conciliabile con quanto vogliono farci credere i nostri governanti: solo nel 2023 il nostro Pil è tornato ai livelli del 2007; 6 milioni di italiani vivono in condizioni di povertà; un quarto degli italiani sono over 65 e sono circa il doppio di quelli in età fino ai 15 anni; negli ultimi dieci anni la nostra popolazione è calata di un milione di individui e si stima che nei prossimi decenni ne perderemo altri 8 a causa del crollo della natalità. Nel frattempo, attendiamo l’entrata in vigore della nuova versione del patto di stabilità, che ci infliggerà il colpo di grazia.

Quello che abbiamo sotto gli occhi è un Paese allo sfascio, che affonda, in pieno mayday: il nostro è un popolo che chiede aiuto non sapendo più a chi rivolgersi.

Ascoltare il dibattito pubblico di questa campagna elettorale è assolutamente esemplificativo di quanto la nostra sia una politica animata da gentarella completamente priva di spessore: abbiamo discusso per mesi dei nomi dei leader nei simboli, se fosse giusto o meno che si candidassero ben sapendo che non avrebbero ricoperto incarichi in seno al Parlamento europeo, di fascismo, di Salis e Vannacci, dello pseudonimo non pseudonimo di Giorgia Meloni sulla scheda. Davvero uno schifo desolante e offensivo della sofferenza di tantissimi italiani, la quale indubitabilmente deriva soprattutto dalle scelte fatte proprio in seno a quelle istituzioni.

Anche il mondo del lavoro soffre e quanto accade in certe trattative sindacali è persino più squalificante: c’è quello che fa il duro perché l’azienda non gli paga la buonuscita che desidera, quell’altro che si mette di traverso perché gli sta antipatico il capo del personale, inciuci di ogni tipo e di basso e meschinissimo livello che influenzano in maniera determinante l’esito del confronto, arrecando danni profondissimi alla comunità che si dovrebbe invece rappresentare al meglio.

Continua, perdura e si acuisce terribilmente la crisi della rappresentanza e dei corpi intermedi, alimentando una polverizzazione sociale che ormai assume più le sembianze di un’atomizzazione senza freni: solo individui, più soli che mai.

Intanto, disperati e privi di punti di riferimento, i deboli periscono; i potenti, invece, accrescono la loro influenza, si arricchiscono illimitatamente, mentre i bimbi piangono nel freddo cortile di un pronto soccorso romano, in una buia notte di primavera, senza stelle cui guardare.

https://www.facebook.com/sav.balzano/
https://x.com/SavinoBalzano
https://www.linkedin.com/in/savino-balzano/

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Successivo

Per Segre quello di Israele non è ‘genocidio’? Sono stanco di sentire elucubrazioni etimologiche

next