Diritti

La legge 194 compie 46 anni, gli anti-abortisti presentano il manifesto in Senato. Bonino: “Ignorano la libertà di scelta delle donne”

Nel giorno dell’anniversario della legge 194 che garantisce l’accesso all’aborto volontario, a fare propaganda sono stati i gruppi cosiddetti Pro Vita. In una conferenza stampa convocata a Palazzo Madama hanno rivendicato l’adesione al loro manifesto contro l’interruzione di gravidanza (ma anche contro maternità surrogata e presunta ideologia gender) di alcuni parlamentari della maggioranza. Tra questi ci sono esponenti di Fdi (Fidanza, Malan, Procaccini), Carroccio (Vannacci, Borghi e Ceccardi) e Forza Italia. Non c’è la firma di Giorgia Meloni che in passato ha sempre sostenuto l’iniziativa, ma quest’anno ha preferito restarne lontana per evitare polemiche prima delle elezioni europee.

Contro la campagna ha protestato il Partito democratico che, proprio oggi, ha lanciato la mobilitazione in difesa della legge 194 e annunciato la risoluzione dem da presentare in tutti consigli regionali contro gli anti-abortisti nei consultori. “Questa destra”, ha detto la segretaria dem Elly Schlein, “non ha bisogno di cambiare la legge per impedire l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. Come hanno sempre fatto, dove governano, anche nelle regioni, rendono inaccessibile l’IVG e lo fanno facendo entrare gli antiabortisti nei consultori per fare pressioni violente sulle donne e le ragazze che cercano di accedervi. Lo fanno ad esempio non attuando le linee guida del ministero, che dal 2020 dicono che la pillola abortiva si può somministrare nei consultori, senza bisogno di ospedalizzazione. Tutti motivi per cui noi abbiamo messo anche questo diritto fondamentale al centro della campagna che stiamo facendo”.

Da sempre in prima linea per la difesa della 194, è intervenuta anche la leader di +Europa Emma Bonino: “Le associazioni anti-abortiste tanto sponsorizzate da questo Governo si fanno chiamare ‘pro-vita’. Ma ignorano la libertà di scelta delle donne sul proprio corpo. E soprattutto ignorano i dati. Dall’approvazione della legge194, ben 46 anni fa, il numero degli aborti si è ridotto di oltre il 70%. Ma c’è di più: i casi di morte di donne per aborto clandestino si è praticamente azzerato nel nostro Paese. Prima della legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, a perdere la vita erano le donne, che si affidavano a mammane che intervenivano col ferro da calza o infusi al prezzemolo. Chi si dice per la vita dovrebbe partire da questo. E invece quasi mezzo secolo dopo dobbiamo sorbirci questa propaganda reazionaria sui nostri corpi. Ancora”. Quindi Bonino ha chiuso: “Non è finita. Dobbiamo continuare a lottare per rendere la scelta di abortire un diritto fondamentale riconosciuto in tutta Europa. E per fare in modo che la legge 194 venga applicata in ogni regione d’Italia”.

La legge – La legge 194 sull’accesso all’aborto volontario, che oggi compie 46 anni, pur riconoscendo il diritto alla vita dell’embrione e del feto, tutela il diritto della donna alla salute fisica o psichica, qualora questa sia messa a rischio dalla prosecuzione della gravidanza, dal parto o dalla maternità. La normativa prevede che, entro 12 settimane e sei giorni dall’ultima mestruazione l’aborto è ammesso sulla base di una autonoma valutazione della donna, che lo richiede perché ritiene che la prosecuzione della gravidanza possa rappresentare un pericolo per la sua salute fisica o psichica. Dopo il novantesimo giorno l’aborto è ammesso solo nei casi in cui un medico rilevi e certifichi che la gravidanza costituisce un grave pericolo per la vita o la salute della donna. Sia prima sia dopo il novantesimo giorno, per accedere all’interruzione di gravidanza (Ivg) la donna deve rivolgersi a un medico (del consultorio o anche un medico di sua fiducia), che deve redigere un documento attestante la richiesta della donna. Il documento (certificato, se il medico attesta l’urgenza della procedura) è indispensabile per accedere all’Ivg. Nel caso in cui il medico non consideri urgente l’intervento, invita la donna a rispettare un periodo di “riflessione” di sette giorni, trascorsi i quali la donna può rivolgersi a un centro autorizzato per l’espletamento della procedura.

Sin dal suo varo la legge 194 è stata al centro di polemiche, e, sottolinea l’Associazione Luca Coscioni, “dalla mancata o non corretta applicazione della legge, che soprattutto in alcune aree del nostro paese, limita ancora fortemente l’accesso all’aborto”. L’associazione ha presentato alcune proposte di modifica delle parti della legge “che mostrano le più evidenti ed urgenti criticità”: eliminare il periodo di attesa obbligatorio che invita la donna a soprassedere per 7 giorni; introdurre il “rischio per la salute” della donna per le Ivg oltre il 90esimo giorno; eliminare l’obbligo del medico di “salvaguardare la vita del feto”. Al suo posto si propone di inserire che “l’autorizzazione all’interruzione della gravidanza viene data da una commissione medica che valuta il singolo caso”. Per qualsiasi domanda, questo il manuale con le risposte preparato dalle associazioni Pro Choice.