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Spagna, Norvegia e Irlanda riconosceranno lo Stato palestinese. Israele: “Il terrorismo paga”. Usa: “Negoziati, non posizioni unilaterali”

Dopo il pronunciamento dell’Onu del 10 maggio, i sostenitori della nascita di uno Stato palestinese muovono passi ufficiali. I primi ministri di Irlanda, Norvegia e Spagna hanno annunciato di voler riconoscere il nuovo Stato il prossimo 28 maggio. La reazione di Israele non si è fatta attendere: “La parata della stupidità irlandese-norvegese non ci scoraggia, siamo determinati a raggiungere i nostri obiettivi”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Israel Katz. In segno di protesta, Tel Aviv ha richiamato gli ambasciatori in servizio nei 3 Paesi, promettendo di mostrar loro il video delle soldatesse israeliane rapite da Hamas. L’Autorità nazionale palestinese, con Paesi arabi moderati e la Turchia, hanno esultato per l’annuncio. Gli Usa hanno smorzato gli entusiasmi.

L’annuncio dei 3 primi ministri – “Oggi Irlanda, Norvegia e Spagna che riconosciamo lo Stato di Palestina” ha dichiarato il primo ministro irlandese Simon Harris in conferenza stampa salutando un “giorno storico e importante per l’Irlanda e la Palestina”. Il 28 maggio sarà la Norvegia a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese come ha annunciato il primo ministro Jonas Gahr, una soluzione “nell’interesse di Israele”. Il ministro degli Esteri, Espen Barth Eide e il primo ministro dovrebbero tenere una conferenza stampa in giornata. Ad oggi 140 su 193 Stati membri delle Nazioni Unite riconoscono la Palestina e la Svezia è l’unico Stato dell’Unione Europea ad averlo fatto nel 2014.

LA POSIZIONE DELL’AMERICA – L’annuncio non avrà effetti diretti sulla Palestina: servirà un negoziato tra le parti con l’accordo di Israele. Lo ha ricordato, alla Cnn, un portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti: “Il presidente Biden è un sostenitore di una soluzione a due Stati e lo è stato per tutta la sua carriera” ma “crede che uno Stato palestinese dovrebbe essere realizzato tramite trattative dirette fra le parti e non tramite un riconoscimento unilaterale”.

Sanchez – La posizione del premier socialista spagnolo è nota da tempo e oggi è stata ribadita con l’annuncio. Per Sanchez il premier israeliano Benjamin Netanyahu
“mette in pericolo” la soluzione dei ‘due Stati’ e non ha “un progetto di pace”, ma ha provocato con la sua politica solo “dolore e distruzione” nella Striscia di Gaza. “Questo riconoscimento non è contro Israele e il popolo di Israele, né a favore di Hamas”, ha precisato Sanchez, che si è detto pronto “ad assumere le conseguenze” che potranno venire da Tel Aviv. Il presidente del governo spagnolo ha spiegato che la decisione è stata concordata fra i due alleati del governo, Psoe e Sumar, “facendosi eco del sentire comune dei cittadini spagnoli”. Sanchez ha assicurato: “Riconosceremo lo Stato della Palestina per pace, per coerenza e per giustizia“. “Il riconoscimento non è la fine. È solo l’inizio, e continueremo a fare pressione sulla comunità internazionale”, perché si possa procedere verso la soluzione dei ‘due Stati’. Agli alleati di Sumar, tuttavia, non basta. Il partito della sinistra invoca un’azione ancora “più dura” contro il governo israeliano, fino al ritiro dell’ambasciatore spagnolo a Tel Aviv.

Israele richiama gli ambasciatori in Spagna, Irlanda e Norvegia – La reazione di Tel Aviv è stata immediata. Il ministro degli Esteri, Israel Katz, ha richiamato gli ambasciatori nei 3 Paesi. “L’Irlanda e la Norvegia intendono inviare oggi un messaggio ai palestinesi e al mondo intero: il terrorismo paga”. Secondo il ministro, la decisione avrebbe premiato “gli jihadisti di Hamas e dell’Iran”. Dunque, sarebbe un ostacolo lungo la via del negoziato per il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. “Israele – ha detto Katz – non sarà compiacente con chi vuole minarne la sovranità e ne mettono in pericolo la sicurezza”.

“Hanno deciso di assegnare una medaglia d’oro agli assassini di Nazi Hamas, mostreremo loro – ha detto Katz – la decisione contorta presa dai loro governi”.

La Francia frena, la Turchia applaude – “Non è un tabù”, ha commentato il ministro degli Esteri d’Oltralpe Stéphane Séjourné. Secondo Parigi tuttavia, al momento non ci sono le condizioni “affinché questa decisione abbia un impatto reale” sul negoziato per la nascita di due Stati. Secondo il ministro, insomma, il tempismo sarebbe sbagliato.

Il quotidiano Le Monde ha pubblicato alcune indiscrezione, che rafforzano le parole del titolare degli Esteri. “Dal momento che gli stessi Stati Uniti hanno difficoltà ad avere uno strumento di pressione – scrive la testata citando fonti diplomatiche – chi può credere che il riconoscimento in 3 o in 4 possa avere il minimo effetto?”. Al contrario, insistono le fonti, “ci si priva piuttosto di uno strumento utile nel momento in cui Israele è meno attento alle pressioni esterne”.

La Turchia invece plaude alla scelta di Irlanda, Norvegia e Spagna. Secondo il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, è “un passo estremamente importante per ripristinare i diritti usurpati del popolo palestinese”.

Tajani: “L’Italia è favorevole, dialogo con l’Anp” – Il vicepremier e ministro degli Esteri apre ai palestinesi ma mette in guardia sulle difficoltà del negoziato: “E’ lo Stato palestinese che deve riconoscere Israele ed è Israele che deve riconoscere lo Stato palestinese – ha dichiarato il leader forzista – Inoltre uno Stato palestinese non dovrebbe essere guidato da Hamas”.

Il ministro ha specificato la posizione italiana, parlando del ruolo dei nostri contingenti armati e quello dell’Onu: “Noi siamo pronti a lavorare per una soluzione, così come proposta dalla Lega Araba, per preparare il terreno alla nascita di uno Stato palestinese con una sorta di amministrazione dell’Onu, anche con una presenza militare e siamo pronti a inviare militari italiani”.

In ogni caso, il vicepremier ricorda l’esigenza aprire il dialogo con l’Autorità nazionale palestinese, “con cui vogliamo lavorare”. In calendario ci sono già dei colloqui: “Nel fine settimana incontreremo qui a Roma il presidente del Consiglio dell’Anp che è anche ministro degli Esteri, avvieremo un percorso”.

Il meeting si svolgerà sabato 25 maggio a Palazzo Chigi. Con il il primo ministro palestinese, Mohammad Mustafa, ci sarà anche Giorgia Meloni. Nicola Fratoianni (leader di Sinistra italiana) rivolge un appello alla premier: “Quale momento migliore di questo per annunciare il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte dell’Italia come da tempo richiesto in passato anche dal nostro Parlamento?”.
“Ci aspettiamo un gesto di dignità da parte di questo governo – conclude il leader di Si – o vuole essere ancora complice del governo Netanyahu?”.

L’appello di Abu Mazen: “Gli europei seguano l’esempio” – L’autorità nazionale palestinese guidata da Mahmoud Abbas ha esultato per la scelta di Spagna, Irlanda e Norvegia. Abu Mazen ha esortato “i Paesi del mondo, in particolare gli europei”, ha seguire le loro orme. Il leader palestinese ha ricordato come la soluzione dei due Stato sia “riconosciuta a livello internazionale, basata sulle risoluzioni di legittimità internazionale e sulle linee del 1967”.

All’Anp si è aggiunto il “grande favore” della Lega Araba. Un “passo importante”, secondo il segretario Abul Gheit, che sollecita gli altri Paesi e seguirne l’esempio.

Smotrich: “Stop alle tasse in Cisgiordania e nuovi insediamenti dei coloni”- Dall’altra parte della barricata, l’estrema destra israeliana chiede a Netanyahu “misure punitive” contro l’Anp. E’ l’invito del ministro delle finanze Bezalel Smotrich, che rincara la dose annunciando lo stop ai trasferimenti delle tasse a Ramallah, in Cisgiordania, “fino a data da stabilire”. Il motivo? Secondo gli accordi internazionali, “la responsabilità per le tasse dell’Anp è della Norvegia”, ha ricordato il ministro. Ma dopo la decisione di riconoscere uno stato palestinese, “Oslo non può essere partner in nulla che abbia attinenza con Giudea e Samaria (Cisgiordnia, ndr)”, ha chiosato Smotrich. Bloccare la riscossione delle imposte non basta, per l’estrema destra al governo di Tel Aviv: bisogna promuovere la costruzione di decine di migliaia di case nei Territori.