È uno degli uomini più ricercati da Ankara, che vede in lui un profilo criminale elevatissimo. Nato nel 1984 in Turchia, dunque quasi quarantenne, Baris Boyun era stato già arrestato nel 2022 a Rimini in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria di Istanbul. Al tempo aveva fortemente rigettato le accuse, sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde, e di aver già chiesto la protezione internazionale all’Italia. Risultava “indagato nell’ambito di un procedimento penale pendente nello Stato richiedente” per vari reati, ma la richiesta di estradizione era stata respinta prima dalla Corte d’appello di Bologna e poi, lo scorso 14 giugno, dalla Cassazione. I magistrati italiani avevano richiamato una sentenza della Cedu del 2016 che, in merito al caso di un uomo di origine curda scappato dalla Turchia, richiamava il rischio di “tortura o maltrattamenti inumani o degradanti” nel Paese d’origine.
Boyun era stato poi nuovamente arrestato lo scorso 21 gennaio a Milano, dove era stato trovato in possesso di un’arma mentre era in macchina con la moglie. Il 2 febbraio era stato portato a Crotone agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Dalla città calabrese, però stando agli investigatori della Squadra Mobile di Como, della sezione investigativa di Milano e dello Sco di Roma, avrebbe continuato a dirigere e coordinare la sua rete che agiva in Europa. Si va dall’organizzazione dell’ingresso dei migranti, dietro tariffe, attraverso la rotta Balcanica, all’ordine di un omicidio di un suo concittadino avvenuto il 10 marzo scorso, fino all’obbligo per i suoi sodali di commettere reati anche terroristici in Europa, in particolare a Berlino.
Il 18 marzo avrebbe anche subito un attentato da parte di due killer che hanno fatto irruzione nel suo palazzo e sparato contro la porta della sua abitazione. Da qui, il trasferimento a Bagnaia, nel Viterbese, dove all’alba è stato di nuovo arrestato.
L’ultima indagine è nata nell’ottobre 2023, dopo l’arresto di tre componenti dell’organizzazione che cercavano di raggiungere la Svizzera: erano in possesso di due pistole, di cui una clandestina, munizioni e materiale di propaganda. Dagli accertamenti successivi è emerso che i tre stavano facendo da scorta al loro capo, Boyun appunto, e alla compagna, i quali viaggiavano su una macchina separata.
“Non può essere affatto sottovalutata la spietatezza e la capacità criminale non solo del Boyun ma dell’intero gruppo criminale – scrivono gli inquirenti italiani nell’ordinanza che ha portato al blitz di stamattina –: molteplici dialoghi hanno riguardato minacce con l’uso di armi, gambizzazioni se non addirittura omicidi”. A “incastrarlo” è stato anche il braccialetto elettronico, all’interno del quale era stata piazzata una microspia.
Ankara fornisce altri particolari sul profilo dell’uomo. Secondo gli inquirenti turchi, sarebbe stato anche la mente dell’attentato, sventato grazie alla collaborazione tra le polizie italiana e turca, a una fabbrica di alluminio il 19/20 marzo scorso. In quell’occasione, avrebbe dimostrato di disporre di armi con una elevata potenza di fuoco e di molto denaro, proveniente per lo più dal traffico di stupefacenti, dal contrabbando di sigarette e di farmaci. “Tutta la Turchia ne parlerà”, diceva ai suoi sodali.