Parole difficilmente equivocabili e una intenzione di portare a termine un attentato eclatante. “Dammi una settimana di tempo, sto facendo grandi preparatorie, tutta la Turchia ne parlerà” diceva, intercettato mentre era ai domiciliari a Crotone, Baris Boyun, 39 anni, il “capo” della “banda armata” turca attiva anche in Italia e in altri Paesi europei, arrestato oggi in una mega operazione coordinata dalla procura di Milano. Boyun, classe 1984 e arrestato nel 2022 a Rimini in esecuzione di mandato di cattura internazionale, stando all’accusa stava programmando un “attentato” ad una fabbrica “di alluminio” in Turchia, anche attraverso un “kamikaze”. Attentato terroristico sventato, ritengono gli inquirenti, grazie “all’intervento della polizia turca” allertata dagli investigatori italiani.

I preparativi in diretta – Nell’ordinanza di custodia cautelare, firmata dal giudice per le indagini preliminati di Milano Roberto Crepaldi, si legge che Boyun, detto “il fratello maggiore”, seguiva costantemente i preparativi. “L’incessante numero di telefonate di Boyun consente di seguire praticamente in diretta i preparativi dell’attentato”, scrive il gip. Dalla “costituzione del gruppo di fuoco” ai “sopralluoghi alla fabbrica attraverso il drone” fino all’ipotesi della “bomba umana“. Boyun, nel marzo scorso, diceva: “Siete pronti, ragazzi? buona fortuna in battaglia! radete al suolo quella fabbrica”.

La Polizia italiana, però, “aveva provveduto a informare le autorità turche che inviavano sul posto numerose pattuglie impedendo la consumazione dell’attentato alla fabbrica e al Burhanettin Saral”, il titolare ed esponente di un gruppo criminale “rivale” a quello di Boyun. Saral era anche “giudicato” da Boyun “responsabile” di un “attentato” ai suoi danni. L’obiettivo “diretto dell’attentato” alla fabbrica, spiega il gip, era “proprio il Saral, ma l’intenzione del Boyun e dei suoi uomini” era, comunque, “di interferire con lo status quo esistente Turchia“. Boyun voleva “scalzare il gruppo attualmente al potere, che corrompe lo Stato e lo considera come un criminale di ‘quarta categoria’”. E proprio per “dimostrare la propria potenza al potere politico turco, per Boyun è indifferente che si riesca davvero ad uccidere il rivale o meno: ‘Se questo affare non avesse successo, credimi – diceva intercettato – faremo puntare su di loro gli occhi dello Stato e poi li spaventeremo noi'”.

Gli altri attentati – Dalle conversazioni intercettate è emerso anche che Boyun “aveva dato mandato ai suoi uomini localizzati in Turchia di perpetrare un ulteriore attentato/atto intimidatorio nei confronti di un ristorante della notissima catena di ristorazione di lusso ‘Nusret Steakhouse’, avente filiali in tutto il mondo e, specialmente, in Turchia”. Il 39enne parlava, infatti, di “Nusret il kebbabbaro, il socio dei Sarallar”, la “nota organizzazione criminale rivale di Boyun facente capo a Burhanettin Saral”. Attentato, con “una sparatoria” al ristorante, avvenuto il 21 marzo scorso.

Dalle intercettazioni ambientali, poi, “è emerso anche il proposito del Boyun di attentare alla vita di un soggetto localizzato nella città di Sakarya in Turchia”. Sempre grazie alle informazioni degli investigatori italiani “la polizia turca ha comunicato di aver impedito l’omicidio di Ali Kaplan, di aver arrestato sei soggetti legati al sodalizio di Boyun” e di “aver sequestrato sei fucili automatici AK-47, due pistole e quattro giubbotti antiproiettile”.

Nel capitolo dell’ordinanza in cui si descrive la “banda armata”, inoltre, il gip ricostruisce l’episodio di un attentato a un’oreficeria di Istanbul. Caso venuto a galla “sin dal mese di gennaio 2024 dalle operazioni di intercettazione ambientali all’interno del B&B di Milano”, dove si trovava Boyun con la moglie. Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio scorso, “la saracinesca e la vetrina della gioielleria erano state attinte da 14 colpi di pistola esplosi da due soggetti a bordo di una moto che, nella circostanza, indossavano dei caschi”.

“Preoccupante capacità di fuoco” – EPer tutti questi motivi, secondo il gip, è il carcere l’unica misura cautelare possibile. Nel provvedimento di oltre 100 pagine si sottolinea come “il rischio di reiterazione di condotte analoghe” e di “ulteriori gravissimi reati con violenza alla persona e con l’uso di armi”. Pericolo, scrive il giudice, che si desume, in primis, “dalla gravità e vastità del contesto associativo, che ha dimostrato – pur in relazione ad un periodo di indagini tecniche relativamente limitato – tutta la propria potenza di fuoco e la ramificazione in Europa”. Una “spietatezza” che avrebbe in Boyun il suo leader. È “preoccupante la capacità di operare sul territorio nazionale, europeo e in madre patria” del gruppo, inoltre sussiste anche “un grave ed imminente pericolo” di fuga all’estero degli indagati. “La precarietà sul territorio dei cittadini stranieri e la sussistenza di forti legami con gruppi criminali (e cellule di questa stessa realtà associativa) operanti all’estero fa ritenere sussistente un simile rischio”.

Gli stessi indagati, del resto, “hanno affermato che la loro permanenza in Italia è strettamente legata alla richiesta di protezione avanzata allo Stato italiano. Ebbene, proprio la capacità di strumentalizzare le istituzioni per sfuggire a mandati di cattura internazionali o alla semplice espulsione, vantando presunte persecuzioni da parte del governo turco, conferma che, se lasciati in libertà, possano definitivamente sottrarsi alla giustizia” sottolinea il gip. “Le operazioni tecniche hanno consentito di accertare come gli stessi indagati ipotizzino di lasciare il paese – anche per tornare in Turchia – per sottrarsi alla giustizia dopo un atto criminale“.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Processo Regeni, il depistaggio della ‘banda criminale’: “Documenti di Giulio portati dalla polizia egiziana in casa dei rapinatori”

next
Articolo Successivo

“Ha abusato di una bambina di undici anni”: babysitter di Torino condannato a 3 anni

next