Media & Regime

Cronisti fermati e perquisiti, Pd-M5s-Avs chiedono a Piantedosi di chiarire. L’Odg: “Lesa libertà di stampa”. Fnsi: “Censura preventiva”

Un coro di condanna per il fermo e la perquisizione di Angela Nittoli, collaboratrice de Ilfattoquotidiano.it, del fotografo del Corriere della Sera Massimo Barsoum e del videomaker freelance Roberto Di Matteo, arriva dal centrosinistra. E contro il modus operandi della polizia si schierano anche l’Ordine dei giornalisti, il sindacato Fnsi, l’Associazione Stampa Romana e diversi comitati di redazione. Il Partito Democratico, il M5s e Alleanza Verdi e Sinistra chiamano in causa direttamente il Viminale, invitato a fare “subito chiarezza”, chiede Andrea Orlando, riguardo all’identificazione e al fermo poco prima di un’azione dimostrativa di Ultima Generazione a Roma dei tre giornalisti, guardati a vista in commissariato e accompagnati perfino in bagno. “Non bisogna sottovalutare in alcun modo questi episodi che costituiscono dei campanelli d’allarme che rischiano di compromettere diritti fondamentali come quello all’informazione”, dice il deputato dem che è stato ministro della Giustizia nel governo Renzi.

Il responsabile informazione del Pd Sandro Ruotolo definisce “sconcertante” il trattenimento e attacca: “Piantedosi ha il dovere di dare una spiegazione all’opinione pubblica e a quei giornalisti”. Duro il deputato Emiliano Fossi, segretario dem in Toscana: “Se le notizie sui cronisti identificati mentre seguivano l’azione di Ultima Generazione venissero confermate si tratterebbe di un episodio intimidatorio quasi senza precedenti che violerebbe la libertà di informazione nel nostro paese e la dignità professionale e umana dei giornalisti coinvolti – scrive in una nota – Usiamo il condizionale perché si tratta di fatti gravissimi, su cui va fatta piena luce in tempi brevi, che paleserebbero un regime di polizia che vorrebbe non solo influenzare l’informazione ma silenziare il dissenso in ogni modo e con ogni mezzo. Va quindi soprattutto capito se si tratta di agenti di pubblica sicurezza a cui è sfuggita di mano la situazione o di precise indicazioni dall’alto”.

Nicola Fratoianni, ricordando i precedenti episodi di Messina e Padova, parla di “un comportamento delle forze dell’ordine ormai insostenibile e che deve avere risposte chiare dai vertici della questura di Roma e del Viminale e da parte del governo” e annuncia un’interrogazione parlamentare chiedendo che “da parte di tutte le forze politiche vi sia una presa di posizione unanime a difesa della libertà di stampa perché il livello di tollerabilità è ormai ampiamente superato”. Il deputato Angelo Bonelli rimarca come sia “impensabile che in uno Stato democratico giornalisti e fotografi siano posti in stato di fermo” e aggiunge: “Non solo si tratta di garantire il diritto alla libertà di stampa a giornalisti che svolgono il loro mestiere, ma dobbiamo constatare che quello di Piantedosi è ormai uno Stato di Polizia che assomiglia a quei regimi dove i giornalisti non possono esercitare il loro lavoro e vengono arrestati, come nella Russia di Putin”.

Solidarietà anche dal M5s: “Il lavoro giornalistico, di documentazione e di ripresa deve essere sempre garantito, nel rispetto delle condizioni di sicurezza di ciascuno ma assicurando il pieno esercizio della libertà di stampa”, dice la senatrice Barbara Floridia, presidente della commissione di vigilanza Rai. I capigruppo pentastellati nelle commissioni Affari costituzionali, Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino, definiscono l’episodio “grave e inquietante” e sottolineano come siano stati “trattati come delinquenti”. Per il M5s si tratta di “repressione sulla stampa” che “mina alle fondamenta la buona salute della democrazia”. Colucci e Maiorino annunciano che presenteranno “a brevissimo un’interrogazione parlamentare”.

Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, ricorda che lo scorso 10 maggio il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva rassicurato i rappresentanti dell’Odg e il sindacato Fnsi riguardo alla” tutela dei giornalisti nello svolgimento del loro lavoro nel pieno rispetto del diritto di cronaca”. E invece è accaduto di nuovo: “Lo ribadiamo con fermezza: i giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine e muniti di tessera professionale hanno non solo il diritto, ma il dovere di seguire i fatti di cronaca e il loro lavoro non può essere interrotto senza validi e fondati motivi dalle forze dell’ordine – rimarca Bartoli – Non vorremmo che il fermo dei cronisti diventi una prassi. È incostituzionale e lesivo della libertà di stampa e del diritto dei cittadini ad esser informati”.

Critica anche la Federazione nazionale della stampa italiana per la quale il fermo è “censura preventiva” e “palese violazione delle leggi sulla stampa e dell’articolo 21 della Costituzione”. Un “episodio gravissimo” per l’Associazione Stampa Romana e il Cdr Approfondimento Rai che lo definiscono “indegno” di “un Paese democratico e assai preoccupante su cui deve essere fatta immediata chiarezza”. Per Gv Press, l’Associazione italiana giornalisti videomaker, è “inaccettabile veder ancora minato un diritto democratico come la libertà di stampa” e chiede “immediati chiarimenti”. Oltre ai comitati di redazione de Ilfattoquotidiano.it e Il Fatto Quotidiano, solidarietà ai tre colleghi è arrivata anche dal Cdr del Corriere della Sera che ha “stigmatizzato” l’accaduto.

“La libertà di informazione ora si impedisce con i fermi di polizia. La nuova frontiera del bavaglio al giornalismo in questo Paese passa ora dal blocco preventivo dei cronisti”, attacca l’esecutivo Usigrai. “Nel giro di pochi mesi – aggiunge il sindacato – sono diverse le segnalazioni di colleghe e colleghi a cui viene negato con la forza il diritto di cronaca. Nel chiedere che venga fatta piena luce sull’accaduto, l’Usigrai esprime forte preoccupazione per questa forma strisciante di controllo e condizionamento che viola di fatto le regole democratiche garantite dalla Costituzione”. Di episodio “paradossale” parla Unirai ricordando che “i giornalisti, i fotografi e gli operatori di ripresa svolgono un ruolo fondamentale per l’esercizio della libertà di informazione in uno Stato democratico”.