di Giuseppe Caserta
Francamente sono stanco, quando si parla di Israele e di quello che il suo governo sta compiendo a Gaza, di dover ogni volta ascoltare elucubrazioni etimologiche da parte di alcuni intellettuali e opinionisti. L’ultima in ordine di tempo, dopo i vari Augias e Mieli, è quella della senatrice a vita Liliana Segre che, durante un convegno sull’antisemitismo al Memoriale della Shoah di Milano, ha detto, a proposito di quello che sta accadendo al popolo palestinese: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia! Non usiamo questa parola davvero spaventosa”.
Ora, io non sono un membro dell’Accademia della Crusca né tantomeno un linguista di fama internazionale e quindi non so se la parola “genocidio” ben si addice ai 35mila palestinesi uccisi in soli sei mesi, su ordine di Netanyahu, il 70% dei quali donne e bambini. Non so se è la parola corretta di fronte ai 221mila edifici distrutti, tra cui la quasi totalità degli ospedali presenti a Gaza, ammazzando circa 400 tra medici e infermieri. Non so se “genocidio” è il termine giusto per descrivere il bombardamento di 56 scuole, dell’intera rete idrica ed elettrica lasciando la popolazione a rischio di epidemie e carestia, come non ho la competenza per poter chiamare “genocidio” il bloccare gli aiuti umanitari affamando coscientemente milioni di bambini.
Perciò, a fronte di questi dati, ce lo dica Segre qual è la parola giusta per descrivere tutto questo. Ha solo l’imbarazzo della scelta: massacro, strage, crimine, carneficina, sterminio, eccidio. Decida lei. La splendida lingua italiana offre numerose scelte. Ma la dica questa parola e che sia chiara, inequivocabile e senza fraintendimenti, al posto delle generiche dichiarazioni contro la guerra o di vaghi appelli a favore della pace. La dica Segre questa parola perché detta da lei, con la storia che rappresenta, peserebbe come un macigno. E se poi proprio non riesce a trovarla, allora lasci a noi il diritto di usare quelle che riteniamo più opportune, “bestemmie” comprese.