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Fino a 25 anni di carcere a chi manifesta per “impedire di realizzare un’opera pubblica”: l’emendamento leghista al pacchetto sicurezza

La proposta, firmata dal deputato Igor Iezzi, vuole introdurre una nuova aggravante ai reati di resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un corpo dello Stato. A denunciare il tentativo di blitz il leader dei Verdi Angelo Bonelli: "Svolta autoritaria e repressiva nei confronti di chi dissente". C'è anche una norma anti-picchetti: chi ostruisce l'accesso ai cancelli delle fabbriche dev'essere sempre considerato responsabile di violenza privata

Innalzare fino a 25 anni di reclusione la pena per chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturali. È l’obiettivo di un emendamento della Lega, firmato dal deputato Igor Iezzi, al cosiddetto “pacchetto sicurezza“, il ddl approvato a novembre dal Consiglio dei ministri e ora in discussione nelle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera. La denuncia del tentativo di blitz arriva dal leader dei Verdi Angelo Bonelli, che ne dà una lettura ben precisa: “La Lega vuole mandare in carcere chi protesta contro il ponte sullo Stretto di Messina. È la conferma della svolta autoritaria e repressiva nei confronti di chi dissente dalle folli politiche di questo governo”, attacca. L’emendamento, prosegue Bonelli, “vuole intimidire la legittima protesta contro il ponte e, se fosse approvato”, colpirebbe chi “chi, con immagini o atti simbolici, possa minacciare il blocco di opere infrastrutturali”.

Vediamo perché. La proposta Iezzi vuole introdurre un nuovo comma all’articolo 339 del codice penale, che elenca le circostanze aggravanti dei reati di resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un corpo dello Stato. Al momento le pene, che di base possono arrivare a sette anni, “sono aumentate” in modo generico dal primo comma “se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico“. Inoltre, in base al secondo comma, “se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi”, il minimo diventa di tre anni e il massimo di 15. A queste aggravanti le emendamento ne aggiunge un’altra: “Se la violenza o minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, la pena è aumentata da un terzo a due terzi”.

Insomma, se la proposta diventerà legge, chi protesterà in gruppo contro un’opera pubblica con manifestazioni simboliche, se queste verranno considerate “minacciose o violente”, rischierà fino a 25 anni di carcere (la pena massima del secondo comma aumentata di un terzo). Una mannaia che potrebbe calare facilmente su manifestazioni come quelle contro il Tav in Valsusa, il Ponte sullo Stretto, la nuova diga di Genova o i rigassificatori. Nella relazione tecnica all’emendamento, piuttosto tautologica, si legge che “la norma è volta a intercettare comportamenti violenti posti in essere nell’ambito delle manifestazioni di protesta per l’esecuzione di opere pubbliche o di infrastrutture di interesse strategico”. “Siamo in una vera emergenza democratica“, commenta il leader dei Verdi, annunciando “dura opposizione in Parlamento e nel Paese non solo in relazione a questa norma, ma anche contro chi sta devastando il territorio con opere dannose come il ponte sullo Stretto”.

Quello sulle manifestazioni contro le “grandi opere”, però, non è l’unico emendamento di stampo repressivo presentato da Iezzi. Un’altra proposta mira a considerare sempre responsabili del delitto di violenza privata (punito con la reclusione fino a quattro anni) i lavoratori che in occasione degli scioperi mettono in atto i cosiddetti picchetti, schierandosi all’ingresso delle aziende per ostacolare l’entrata dei colleghi. Spesso, infatti, i procedimenti aperti nei loro confronti finiscono in archiviazioni o assoluzioni, perché la norma punisce “chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa”: violenza e minaccia quasi sempre assenti nel comportamento di chi ostruisce gli ingressi delle fabbriche. La norma suggerita dalla Lega, invece, detta un’interpretazione autentica di segno opposto: “L’articolo 610 del codice penale deve interpretarsi nel senso che il reato di violenza privata ivi previsto si configura anche nel caso in cui una o più persone impediscano l’entrata o l’uscita da uno spazio aziendale ostruendone il transito con la sola interposizione dei propri corpi e la resistenza attiva o passiva opposta a chi intenda passare. Non costituisce esimente o scriminante il fatto che il detto comportamento sia tenuto per sostenere un’azione di sciopero”.