Il primo via libera del Parlamento alla riforma costituzionale sul premierato non arriverà prima delle elezioni europee, come avrebbe voluto il centrodestra. Il voto finale del Senato sarà non prima del 18 giugno. La decisione è stata presa in conferenza dei capigruppo, richiesta dalle opposizioni dopo le prime due sedute in cui sono stati esaminati una manciata di emendamenti. Tutto il centrosinistra – e in particolare Pd, M5s e Verdi-Sinistra – ha rivendicato di opporre tecniche di ostruzionismo contro la legge. E il presidente Ignazio La Russa, già alle prime votazioni, ha applicato il cosiddetto “canguro“, cioè il meccanismo per il quale con un voto si bocciano tutti gli emendamenti analoghi e che differiscono di qualche parola. Da qui la richiesta dei capigruppo di minoranza per decidere una volta per tutte quali sono le regole d’ingaggio dell’esame della legge. Ne è uscito un contingentamento dei tempi che – ha deciso la riunione dei presidenti dei gruppi del Senato – non potrà superare le 30 ore di discussione. “Noi abbiamo avuto un atteggiamento oltremodo ragionevole e aperto – ha commentato Maurizio Gasparri di Forza Italia – ma davanti all’ atteggiamento pregiudiziale delle opposizioni noi abbiamo diritto di portare avanti questa riforma”. Protestano dal centrosinistra: “Di fronte alle critiche e alle preoccupazioni sollevate dalle opposizioni e dalla pressoché unanime comunità scientifica – sottolinea Andrea Giorgis, senatore Pd e costituzionalista – anziché provare ad approfondire e a superare tali critiche, la maggioranza e il suo presidente ipotizzano di ‘tagliare’ il dibattito parlamentare contingentando i tempi. Una forzatura incomprensibile e gravissima che non può che indurre il Partito democratico ad una opposizione ancora più determinata in Parlamento e nel Paese”.
Per il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani “evidentemente le opposizioni hanno necessità di stare sulle barricate fino al giorno delle Europee, almeno”. “Avrei evitato il contingentamento se avessimo deciso di comune accordo, all’unanimità, la data di chiusura – spiega La Russa dopo la conferenza dei capigruppo -. Non è stato possibile, ci arriveremo per altre vie”. Per il presidente del Senato “in questo modo nessuno potrà lamentarsi perché stiamo discutendo una modifica di pochi articoli, seppure importantissimi, in un tempo superiore a quello utilizzato per la riforma Renzi. I tempi li abbiamo allargati e mi aspetto un atteggiamento conseguente da parte di tutte le forze politiche”, ha aggiunto. Peraltro, precisa La Russa, “nessuno mi ha fatto pressioni perché questo lavoro finisse entro una certa data”.
Il capogruppo del Pd Francesco Boccia giura che “andremo avanti con una opposizione molto dura, in Parlamento sicuramente e nel paese”. Stefano Patuanelli, capogruppo M5s, aggiunge: “Credo che sia una forzatura sbagliata – aggiunge – devo dare atto al presidente La Russa, penso che su questo siamo tutti concordi, di aver tentato in ogni modo di evitarlo, non è stato possibile, il calendario al momento non è modificato, quindi restano previsti in calendario i tre giorni della prossima settimana e poi in un secondo momento si capirà, dopo l’elezione europea, come proseguire con un voto finale probabile il giorno 18 giugno”. “L’idea di contingentare e nemmeno consentire di arrivare alla discussione degli emendamenti principali – ha detto il capogruppo di Verdi-Sinistra Peppe De Cristofaro – ci sembra molto grave. Credo che fare ostruzionismo in questo caso sia un dovere, e non solo un diritto, delle forze democratiche”.