“Quelle che mi furono rivolte dalla polizia egiziana non erano domande di persone che cercavano uno scomparso“. A denunciarlo è Francesco De Lellis, ricercatore a amico di Giulio Regeni, sentito come teste a Roma, nel corso della nuova udienza del processo sul sequestro, le torture e l’omicidio del giovane ricercatore friulano, per il quale sono imputati quattro 007 egiziani, Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif (accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato, mentre al solo Sharif sono contestati anche i reati di concorso in lesioni personali aggravate e di concorso in omicidio aggravato, ndr). De Lellis si trovava al Cairo per svolgere un dottorato di ricerca, nei giorni in cui Regeni venne rapito il 25 gennaio 2016 e poi ritrovato senza vita, con visibili segni di tortura, il 3 febbraio seguente, lungo la strada tra la capitale egiziana e Alessandria.
“Ho saputo della scomparsa di Giulio da un messaggio di Gennaro Gervasio – ha precisato rispondendo alle domande del procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco – che mi avvertiva che non si era presentato a un appuntamento la sera del 25 gennaio”. Poi, ha continuato, “la sera del 2 febbraio sia io che un altro amico egiziano siamo stati contattati per andare alla stazione di polizia di Dokki il giorno successivo. Le domande riguardavano la mia ricerca, quella di Giulio, le sue frequentazioni. Cercai di dare poche informazioni”. E ancora: “Ricordo che fecero domande sull’orientamento sessuale di Giulio, forse anche sull’uso di droghe. Fu un interrogatorio superficiale per alcuni aspetti, per altri sembrava volesse portare le mie risposte su alcune direzioni, relative o alla politicizzazione di Giulio, o ad altre sue ‘devianze'”.
Il testimone ha ricordato che proprio mentre attendeva la fine della testimonianza dell’amico egiziano, aveva poi ricevuto la notizia, diffusa dalla stampa italiana, della morte di Regeni. “Qualche giorno dopo l’ambasciata ci consigliò di dormire da loro e il giorno dopo fummo sollecitati a lasciare l’Egitto”. De Lellis ha precisato di di avere conosciuto Giulio Regeni “nel novembre 2015 al Cairo, era già nel gruppo di amici egiziani italofoni ed è stato facile entrare in confidenza con lui per via della sua socievolezza”.