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Reuters: “Putin aperto alla tregua sull’attuale linea del fronte”. La rettifica di Mosca: “No, ripartire dalla bozza di accordi di Istanbul”

Prima l’idea di un cessate il fuoco sugli attuali confini, con Dmitry Peskov che conferma l’apertura di Vladimir Putin a una tregua, poi lo stesso portavoce del Cremlino smentisce che vi sia una proposta del genere sul tavolo del presidente e che la base dalla quale partire sono gli accordi di Istanbul del marzo 2022. È stata una giornata di indiscrezioni, risposte e smentite quella che ha caratterizzato la diplomazia all’opera per cercare di arrivare a una tregua nel conflitto ucraino.

La novità è arrivata con l’indiscrezione lanciata dall’agenzia americana che, dopo aver interpellato cinque fonti e aver ottenuto conferma da quattro di esse, ha scritto che il leader russo ha espresso “frustrazione” a un piccolo gruppo di consiglieri per quelli che considera tentativi sostenuti dall’Occidente di ostacolare i negoziati e per la decisione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di escludere i colloqui. Parole che sembravano confermare la posizione assunta appena una settimana prima dal presidente russo nel corso della sua visita in Cina, durante la quale aveva detto di essere disposto a discutere della tregua in Ucraina sulle basi della bozza di accordo redatta a Istanbul nel marzo 2022. Un accordo, ha poi sostenuto, che era praticamente fatto e poi sabotato dall’ingerenza occidentale nei piani ucraini. Lo stesso Peskov, in risposta a una richiesta di commento da parte del media americano, aveva affermato che il capo del Cremlino ha ripetutamente chiarito che la Russia è aperta al dialogo per raggiungere i suoi obiettivi, affermando che il Paese non vuole “una guerra eterna”.

La notizia aveva fatto il giro del mondo, raccogliendo anche le prime reazioni in Europa. La più importante è quella del cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che aveva risposto con un secco ‘no’: “Questa guerra può finire soltanto quando la Russia capirà di dover ritirare le sue truppe“. Fonti europee avevano poi fatto sapere che a Bruxelles non si riteneva che Putin fosse “pronto alla pace”.

Nella serata di venerdì, poi, la parziale smentita di Mosca: il portavoce Peskov ha negato che il presidente Vladimir Putin sia pronto a un cessate il fuoco in Ucraina sull’attuale linea del fronte. Non si nega, come chiariscono dalla Federazione, l’ipotesi di una tregua, ma di certo essa non potrà avvenire tenendo conto dei confini attuali lungo il fronte di guerra: “Un negoziato per la fine del conflitto in Ucraina è possibile solo sulla base di una bozza d’accordo delineata tra negoziatori russi e ucraini a Istanbul nel marzo del 2022, un mese dopo l’inizio delle ostilità”, ha precisato Putin in persona.

A una settimana esatta di distanza, con i suoi militari che conquistano villaggi ogni giorno e si avvicinano sempre più a Kharkiv, la seconda città ucraina, il capo del Cremlino ha così ribadito il suo messaggio. “Putin può combattere per tutto il tempo necessario, ma è anche pronto per un cessate il fuoco, per congelare la guerra“, aveva detto una delle persone sentite da Reuters. Dall’altra parte, Scholz aveva replicato che Mosca deve ritirare tutte le sue truppe e che “la conferenza di pace in Svizzera (alla quale non prenderà parte la Russia, ndr) è un tassello che si aggiunge a tanti messi prima. Per me è importante che si innaffino le piantine giovani”, ha aggiunto sottolineando che “questa conferenza deve essere usata per parlare di importanti questioni” come “il fatto che non vadano usate armi atomiche e la questione dell’export del grano”.

Le frenate di Bruxelles fanno emergere l’imbarazzo per le tempistiche scelte da Putin. Zelensky continua a invocare l’invio di nuove armi, mentre i vertici militari e d’intelligence ucraini non nascondono più il rischio di un tracollo pesante del fronte, con conseguente avanzata dei russi in profondità verso ovest. Ma in Europa è in corso una guerra che gli esecutivi reputano più importante: quella delle elezioni. Dopo aver ribadito per oltre due anni la necessità di sostenere in maniera incondizionata Kiev, che lo sforzo profuso dai governi nell’invio di armamenti e fondi per l’assistenza umanitaria avrebbe portato l’Ucraina alla vittoria, che l’unica pace possibile era una “pace giusta per l’Ucraina“, intendendo con essa la ripresa del pieno controllo su tutti i territori occupati, compresa la Crimea, ammettere l’errore, la visione fallimentare e la necessità di sedersi al tavolo della pace avrebbe un impatto sul voto devastante.

Non è un caso, quindi, se il primo ministro ungherese, Viktor Orban, il leader europeo più vicino al Cremlino, proprio nella mattinata di venerdì abbia dichiarato che l’Ue si sta preparando alla guerra e non alla pace: “A Bruxelles e a Washington, ma più a Bruxelles che a Washington, è in corso una sorta di preparazione del ‘sentimento’ per una guerra mondiale. Possiamo tranquillamente dire che sono in corso i preparativi per l’entrata in guerra dell’Europa, questo sta accadendo nei media e nelle dichiarazioni dei politici”, ha detto in un’intervista. Secondo Orban, è improbabile che la Russia si prenda il rischio di attaccare un Paese Nato e parlare di “minaccia russa” è una manovra dell’Occidente per prepararsi all’entrata in guerra. Secondo il premier ungherese, gruppi di lavoro nella sede della Nato a Bruxelles stanno studiando come l’Alleanza possa prendere parte al conflitto in Ucraina.