“Stiamo ancora decidendo se depositare istanza di revoca dei domiciliari oggi o nei prossimi giorni. La faremo presto, ma non ho ancora deciso quando”. A dirlo, all’indomani dell’interrogatorio di otto ore davanti ai pm, è l’avvocato di Giovanni Toti, Stefano Savi. Il legale aveva già anticipato di voler chiedere la cessazione della misura cautelare (o in subordine la sua conversione nell’obbligo di dimorao di firma) in modo che il governatore, arrestato per corruzione il 7 maggio scorso, possa confrontarsi con i partiti della sua maggioranza sull’ipotesi di dimissioni. Ora però frena: “Vogliamo sondare anche i pubblici ministeri. Il primo passaggio è capire la loro posizione. Le cose, nei processi penali, non vanno fatte di fretta ma con calma. In questi casi la fretta non porta mai a cose buone”, spiega. Le dimissioni, afferma, “sono un tema politico e non tocca a me trattarlo”: si tratta comunque di “una decisione che non può prendere da solo”, ha ribadito.
All’interrogatorio Toti ha presentato una memoria di 17 pagine, scritta in prima persona, in cui si è difeso non tanto sul piano giudiziario quanto sotto l’aspetto politico, rivendicando i provvedimenti presi a vantaggio dei suoi finanziatori elettorali, in primis l’imprenditore portuale Aldo Spinelli. “Si è difeso spiegando tutti i fatti che gli vengono contestati e come le richieste rivolte per contributi elettorali siano state fatte per perseguire l’interesse pubblico”, afferma l’avvocato Savi. “I bonifici sono tracciati, Toti ha fatto tutto alla luce del sole, ha trattato tutti gli imprenditori nello stesso modo: sia che contribuivano alla sua politica o meno. Nella vicenda del porto”, aggiunge, “non ci sono vinti e vincitori, ma un accordo”, quello sulla concessione del Terminal Rinfuse, “che ha impedito una guerra” tra Spinelli e il suo rivale, il patron di Msc Gianluigi Aponte, “nel momento in cui ci sono in ballo lavori importantissimi, come la diga”.