Mentre continua senza alcuna remora a fare pressioni sull’Unione Europea affinché liberalizzi i visti di ingresso per i cittadini turchi (in tutto 81 milioni di persone) nonostante non abbia soddisfatto nemmeno una delle riforme richieste – tra cui il rispetto della libertà di critica e stampa – da Bruxelles, Ankara sta tentando di sterilizzare il dissenso con una nuova proposta legislativa del governo che mira a criminalizzare i cosiddetti “agenti di influenza”. Una sorta di versione alla turca della legge contro gli “agenti stranieri “ in vigore in Russia e, forse a breve, in Georgia, dove il partito filo russo al governo sta cercando da un anno di farla approvare nonostante le proteste di massa e il veto della presidente della Repubblica ex sovietica.
In Turchia la disposizione, parte del più ampio “9° pacchetto giudiziario”, è vista come una minaccia alla libertà di espressione e a quel poco che resta del giornalismo indipendente in Turchia. Il progetto di legge, proposto dal Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), fondato dal presidente-autocrate turco Recep Tayyip Erdogan, alla guida del governo da vent’anni, prende di mira coloro che diffonderanno “propaganda nera” o causeranno danni all’ordine sociale, economico o pubblico della Turchia come “agenti di influenza”, prevedendo sanzioni penali. È previsto che le modifiche proposte al codice penale saranno presto discusse in parlamento.
Le comunità giornalistiche e giuridiche sono particolarmente allarmate dalla natura vaga ed espansiva della proposta di legge, che secondo loro potrebbe essere utilizzata per prendere di mira i giornalisti e gli utenti dei social media critici nei confronti del governo. Secondo Reporter senza frontiere (Rsf), la legge potrebbe ostacolare gravemente i media indipendenti, soprattutto quelli sostenuti da fondi internazionali, poiché manca di garanzie contro gli abusi giudiziari.
In risposta, il Media Solidarity Group, che comprende organizzazioni come l’Associazione dei giornalisti, l’Unione della stampa DİSK, l’Associazione dei giornalisti contemporanei (TGC) e l’Associazione dei giornalisti diplomatici, ha tenuto un incontro con il presidente dell’Ordine degli avvocati di Ankara, Mustafa Köroğlu. Il gruppo bolla la proposta di legge di essere un “ostacolo alla libertà di espressione” e sottolinea la necessità di un’azione collettiva per fermare il progetto di legge prima che raggiunga il Parlamento.
Nazmi Bilgin, presidente dell’Associazione dei giornalisti, ha evidenziato le implicazioni più ampie della legge, affermando: “Questo regolamento è l’iniziativa più pericolosa nella storia politica turca a cui abbia mai assistito, poiché colpisce ogni segmento della società”. Ha chiesto uno sforzo unificato tra avvocati, accademici e società civile per combattere il disegno di legge. Facendo eco alle preoccupazioni di Bilgin, il capo del Bar (sindacato) di Ankara, Köroğlu, ha ribadito le implicazioni critiche dell’emendamento per i diritti e le libertà fondamentali. Ha confermato che l’Ordine degli avvocati di Ankara è pronto a guidare lo sforzo conducendo ricerche approfondite e rilasciando dichiarazioni pubbliche, dando l’esempio ad altre associazioni degli avvocati e organizzazioni della società civile.
Il “9° pacchetto giudiziario” fa parte di una serie di riforme legislative avviate dal governo. Il ministro della Giustizia Yılmaz Tunç ha recentemente indicato che gli emendamenti mirano a modernizzare le leggi sullo spionaggio del Paese per affrontare le nuove tecnologie. La proposta fa seguito a recenti casi di spionaggio di alto profilo, comprese operazioni contro presunte reti israeliane in Turchia.