Cinema

Cannes 2024, chi sono i favoriti alla Palma d’Oro? Spoiler: non sono Sorrentino, Coppola né Lanthimos

Mancano poche ore a Cannes per l’assegnazione del premio più importante di questa non proprio memorabile edizione

di F. Q.

Niente Coppola, niente Sorrentino, niente Lanthimos. La Palma d’Oro 2024 sembra sempre più parlare iraniano. Mancano poche ore a Cannes per l’assegnazione del premio più importante di questa non proprio memorabile edizione e oramai ogni dispaccio possibile segnala The seed of the sacred fig (Il seme del fico sacro) del regista iraniano Mohammad Rasoulof come vincente.

Rasoulof si porta dietro le stigmate della censura artistica e della violenta repressione del dissenso politico in Iran. Dopo aver subito diverse pene detentive, la fustigazione, il ritiro del passaporto negli ultimi dieci anni, Rasoulof è riuscito a fuggire dall’Iran in maniera clandestina e rifugiarsi in Germania per poi partecipare al tappeto rosso di Cannes pochi giorni fa. Il seme del fico sacro affronta di petto, come del resto Rasoulof ha fatto con i precedenti film sempre mostrati a Cannes e perseguitati dalle autorità religiose iraniane, le contraddizioni politiche nella quotidianità di alcuni personaggi maschili in Iran. Qui si tratta dell’ascesa verso il tribunale rivoluzionario teocratico di un normale avvocato. Il film inizia come dramma domestico, poi si fa via via simbolico affresco sulla misoginia, sull’ottuso oscurantismo e sulla violenza di stato iraniana, coinvolgendo dapprima la cronaca degli ultimi mesi rappresentata dalle figlie del protagonista che protestano in piazza contro il governo, poi l’espediente della perdita della pistola del protagonista e di un finale rocambolesco che molti critici hanno definito alla “Sergio Leone”.

Insomma, sembra questa la Palma risarcitoria verso una cinematografia sopraffina ingabbiata oramai da anni dentro le maglie buie e medioevali del verbo islamico della censura. A qualche incollatura da Il seme del fico sacro sembra ci siano il musical melò trans ambientato tra narcotrafficanti Emilia Perez del già impalmato nel passato Jacques Audiard e il body horror femminista The substance di Coralie Fargeat. Di entrambi i film si è parlato molto per le impostazioni provocatorie nel rappresentare corpi e sessualità delle attrici protagoniste. Nel film di Audiard la donna del titolo (Karla Sofia Gascon) è un boss del cartello della droga messicano che cambia sesso e vita a suon di canti, balli, sparatorie, finendo addirittura dalla parte delle vittime uccise barbaramente negli anni. Con la Gascon recitano Zoe Saldana e Selena Gomez.

Il film della Fargeat è stato definito dal Guardianuna macabra parabola fantasy di misoginia e oggettivazione del corpo, che si rifà alla folle energia disfunzionale di Roger Vadim e Jane Fonda con prestiti da Frankenheimer e Cronenberg”. In pratica la rediviva protagonista Demi Moore, star di Hollywood in declino, intenta a vendere scaldamuscoli e macchinari ginnici (come la Fonda nella realtà ndr) e ad essere licenziata definitivamente anche da questa funzione. Ebbene, la protagonista scoprirà che può sfruttare un clone, farmacologicamente testato (la giovane e splendida Margaret Qualley), al suo posto per una settimana, per poi metterlo in stand-by e di nuovo in funzione. Solo che qualcosa va storto, protagonista e il suo clone cominciano a scontrarsi e si arriva ad un’ultima parte di film splatter fortemente sconsigliata per chi ha “problemi con gli aghi”.

Se The substance non arriverà alla Palma d’oro, difficile che la giuria capitanata da Greta Gerwig, la regista di Barbie, non si sbilanci proprio per la Moore come premio per la miglior attrice. Mentre sul versante maschile il favorito per la Palma al miglior attore sembra essere Ben Whishaw protagonista di Limonov: the ballad, film diretto da Kirill Serebrennikov e tratto dal romanzo di Emmanuel Carrère (che appare anche in un cameo nel film). Whishaw veste i panni del dissidente scrittore russo Eduard Limonov, finito in disgrazia esiliato a New York sul finire dei settanta. La sua interpretazione è stata definita “divertente, cupa, pazza, sexy, ribollente di infelicità e apparentemente bipolare”.

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