Con un verdetto che ha premiato i film giusti ma nei posti sbagliati si è concluso il 77° Festival di Cannes. “Un film che ci ha sollevato il cuore” ha dichiarato la presidente di giuria Greta Gerwig assegnando la Palma d’oro allo statunitense Anora di Sean Baker, una commedia brillante, con tratti di pochade, che tocca l’amore “impossibile” tra una giovane prostituta uzbeka e il figlio di un oligarca russo sotto i grattacieli di Manhattan. Acclamato da pubblico e critica ma certamente non il migliore in lizza, ha comunque raccolto i favori anche della giuria di cui faceva parte, come noto, anche il nostro Pierfrancesco Favino (che evidentemente non è riuscito a far premiare Parthenope di Paolo Sorrentino rimasto senza premi).
Apprezzato per delicatezza e profondità, All We Imagine As Light dell’indiana Payal Kapadia si è guadagnato il Grand Prix: un solido film tra il dramma e il realismo magico su tre donne di Mumbay che lavorano in ospedale ma che attraverso un viaggio danno corpo ai loro desideri nascosti e repressi nella città. Il Premio alla regia è andato al portoghese Miguel Gomes per il suo Grand Tour, un raffinato road movie, un’opera multietnica e linguistica girata in sette Paesi del sud est asiatico, un viaggio di ibridazione cinematografica ambientato sul finire della prima guerra mondiale.
Sicuramente Palma d’oro in pectore, ma purtroppo non attribuita, il magnifico, potentissimo e assai politico The Seed of the Sacred Fig di Mohammad Rasoulof per il quale la giuria si è inventata un “Prix spécial”. Il cineasta iraniano perseguitato dal regime islamico e notoriamente fuggito pur di poter portare il suo film ha Cannes, ha dichiarato ricevendo il premio: “Il mio cuore è con i perseguitati dal regime islamico del mio Paese, sono commosso da questo premio, sono triste per la catastrofe che vive il mio popolo quotidianamente, il popolo iraniano vive sotto un regime totalitario, la situazione è gravissima, la gente soffre enormemente. Gli artisti, gli universitari, i giornalisti, tutti gli intellettuali sono condannati a morte ogni giorno non permettiamo più che il regime si continui con questo massacro”.
Grande emozione per il Premio all’interpretazione femminile andato al cast del bellissimo musical “messicano” di Jacques Audiard, Emilia Perez, guidato dalla spagnola Karla Sofía Gascón, insieme a Zoe Saldana e Selena Gomez che però erano assenti dalla cerimonia. L’attrice è la prima transgender a ricevere il premio a Cannes per l’interpretazione femminile, un riconoscimento “dedicato a tutte le trans che hanno sofferto, e come ha fatto Emilia Perez voglio dire che a tutte è data la possibilità di una vita migliore”. La giuria ha assegnato a questa dramedy musicale mescolata al crime e al melo anche il suo Prix du Jury.
Il premio all’interpretazione maschile è invece andato allo statunitense (anche lui assente) Jesse Plemons per Kinds of Kindness di Yorgos Lanthimos. Il premio alla sceneggiatura è stato infine assegnato al coraggioso e potente body horror tra il gore e lo splatter, The Substance scritto e diretto dalla francese Coralie Fargeat, destinato a diventare un cult per i titoli e i registi cult citati. Dedicato al corpo delle donne, la regista si è augurato che il suo film possa “cambiare un po’ il mondo, specie nel modo in cui il corpo delle donne è trattato”.
Se la cerimonia si è aperta come una Galassia del Cinema con gli inconfondibili titoli e la colonna sonora di Guerre Stellari, non poteva concludersi che con la standing ovation a uno dei più grandi cineasti della storia del cinema, George Lucas, seconda Palma d’oro d’onore (dopo quella a Mery Streep), attribuitogli dall’amico di una vita, Francis Ford Coppola. Un abbraccio quello tra i due Maestri del cinema americano e mondiale che resterà come l’icona della 77ma edizione del Festival di Cannes.