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Singapore ha un nuovo premier, ma continua la folle globalizzazione: ci rimettono poveri e ambiente

di Lelio Freccero

Habemus premier. Lo scorso 15 maggio 2024 è stato nominato il quarto premier nella storia di Singapore, Lawrence Wong. Sono passati circa 60 anni dal primo premier; il Vaticano nello stesso periodo ha nominato cinque papi. Forse è questo il premierato forte, anzi fortissimo, a cui aspira qualche nostro politico.

Nell’economia italiana c’è più Singapore di quanto pensiamo. Il fondo sovrano del governo deteneva 8.28% della famigerata Atlantia SpA ai tempi della tragedia del ponte Morandi. Ha la piena proprietà del centro commerciale RomaEst, gestisce due terminal portuali a Genova, PSA SECH e Pra, e il PSA di Venezia.

Questa città-stato, 5.9 milioni di abitanti (di cui 2.3 milioni stranieri), è sulla carta una Repubblica Parlamentare, elezioni ogni cinque anni e il Presidente direttamente eletto. Più scrivo e più sembra la riforma voluta per la nostra Costituzione. Di fatto a Singapore non si muove foglia senza la volontà della famiglia Lee. Il padre della patria, Lee Kuan Yew, per i locali LKY, nato sotto il dominio coloniale britannico, è il fautore dell’indipendenza dalla Malesia nel 1965. LKY trasformò Singapore da un porto commerciale circondato da villaggi su palafitte, i Kampong, in una metropoli super urbanizzata, internazionale, amica del business. LKY riuscì nell’impresa di dare un’abitazione a tutti i singaporiani, con un caveut, la proprietà per 99 anni, una bomba a orologeria per i futuri politici.

Per evitare ghetti, le abitazioni popolari sono allocate per quota alle diverse etnie di singaporiani: cinesi, malesiani, indiani. Armonia etnica e religiosa è uno dei motti di Singapore. Anche le feste nazionali sono equamente divise tra le diverse credenze: buddismo, islam, indù, cristianesimo.

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La famiglia Lee, dopo ogni premier, salta un turno. Ai 31 anni di regno di LKY, nel 1990 subentrò un primo ministro fidato, ma non parente, per poi passare lo scettro nel 2004 al figlio di LWY, Lee Hsien Loong, che è rimasto in carica per quasi 20 anni, fino alla scorsa settimana. Si vocifera che il nuovo premier Lawrence Wong debba tenere la poltrona calda per il figlio di Lee.

Comunque Lee non esce di scena, tiene un posto nel consiglio dei ministri. Inoltre lui e la moglie sono entrambi i Presidenti dei due fondi sovrani del governo. Parenti o meno, le cariche importanti sono assegnate ai membri del PAP (People Action Party) che avendo, da sempre, la maggioranza dei due terzi, modifica a piacere la Costituzione.

La Singapore moderna, dei selfie, della gara notturna di F1, dei grattacieli di Marina Bay Sands, della cascata artificiale all’aeroporto Changi, del parco botanico verticale è opera dei governi di Lee Hsien Loong. La città ha cavalcato l’onda della globalizzazione, si è fatta conoscere per lo sfarzo, la pulizia delle strade, la sicurezza. Ha dato il benvenuto alle multinazionali con una corporate tax al 17%, ai manager con l’imposta sui redditi al 22% e ai milionari con zero tasse su plusvalenze e successioni. L’afflusso di stranieri ha creato un mercato immobiliare virtuoso, o meglio vizioso. Per fare spazio a nuove costruzioni sono stati tagliati ettari ed ettari di foresta equatoriale; esaurita la superficie dell’isola, si è proceduto con enormi riempimenti a mare.

I condomini di lusso hanno inflazionato anche i prezzi delle case popolari costruite da LKY che oggi sono inarrivabili per i locali. Il costo crescente della vita sta mettendo in forte crisi l’integrazione tra locali e stranieri.

Chi paga il conto? Il lavoro povero e l’ambiente. I diritti dei lavoratori sono quasi inesistenti, soprattutto per gli stranieri. Il lavoratore che perde il lavoro (con o senza giusta causa) deve, velocemente, lasciare il territorio. Sull’isola del Grande Fratello permanente, con telecamere in ogni angolo di strada, rimanere oltre la scadenza del visto significa arresto, multa, rimpatrio.

Il rischio per i manager stranieri è compensato da stipendi a più zeri che si sognano nei paesi di provenienza. Mentre nel settore delle costruzioni c’è un esercito di lavoratori maschi, dal Bangladesh e dall’India, senza tutele, sottopagati e sotto minaccia di licenziamento e rimpatrio immediato. Non si vedono a Marina Bay Sands, vivono in appositi dormitori, anche dodici per stanza, ai margini dell’isola. Molti lavorano un anno gratis per pagare l’agente che gli ha procurato il posto di lavoro.

A questi si aggiunge un altro esercito, di donne, in gran parte filippine. Sono le helper, aiutanti domestiche. Quasi ogni famiglia con buono stipendio ha la helper che vive in casa. Le helper cucinano, fanno il bucato, le pulizie, portano i bambini a scuola, a fare sport, il cane a fare pipì. Alcuni bimbi riconoscono la helper più che la madre. Anche per loro i diritti sono minimi e lo stipendio bassissimo. Per legge la helper non può restare incinta, pena il rimpatrio. Non a caso Singapore non firma i trattati per i diritti umani e la moratoria universale della pena di morte. Le impiccagioni continuano.

Un gruppo fuori dal coro fa informazione e pressione. L’unico vero partito di opposizione, Workers Party, con otto parlamentari, sta spingendo il salario minimo per contrastare i fenomeni di sfruttamento. Fanno eco i giornali online JOM e The Online Citizen, il gruppo di univesitari Academia SG, le associazioni TWC2 per i muratori, HOME per le domestiche, Transformative Justice per i condannati alla pena capitale. Molti di questi soggetti sono colpiti da POFMA (Protection from Online Falsehoods and Manipulation Act), uno strumento di censura potente di cui il governo si è dotato nel 2019 e a cui le grandi aziende come Facebook, Google, X si sono adeguate, rimuovendo i contenuti segnalati dai ministri.

Piccole vittorie sono state l’abolizione nel 2023 della legge 377A, una vecchia norma che criminalizzava il sesso tra due adulti maschi (donne non pervenute). Una domenica mensile di riposo obbligatoria, non monetizzabile, per la helper. Concesso al muratore un breve intervallo, a fine contratto, per cambiare impresa senza il consenso del datore.

Piccoli passi, meglio che rivoluzioni impossibili e forse alle prossime elezioni del 2025 il Workers Party riuscirà ad aumentare la rappresentanza in parlamento. La maggioranza dei singaporiani è più sensibile al portafoglio che ai diritti. Un tetto sulla testa garantito da LKY e il raddoppio del Pil con Lee hanno tenuto insieme la società. Lawrence Wong eredita una popolazione che chiede meno divario tra i ricchi stranieri e i poveri locali. Le case e i soldi si possono fare, le diseguaglianze non si possono comprare, solo combattere.

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